Forse i sogni sono lo specchio della realtà o forse sogniamo solo per poter viaggiare un po’ di più. La banca dei sogni è un progetto di residenza/spettacolo che esplora il tema del sogno e che vuole aprire le proprie porte al pubblico. Ideato e diretto da Francesca Merli e in scena al Teatro Franco Parenti di Milano dal 29 settembre al 3 ottobre, La banca dei sogni è una produzione Domesticalchimia. La sera del 30 settembre è previsto un incontro con Andrea Colamedici dei Tlon.
Lo spettacolo ha vinto ben quattro premi prestigiosi e vede protagonisti sul palco Federica Furlani, Davide Pachera, Laura Serena e un gruppo di sognatori: Artur Gussoni, Giacomo Guarino, Emma Rovatti, Francesco Piazza, Chiara Brugnara, Carlotta Cavallini, Alessandro Miano, Lia Bacceli, Fiorenza Auriemma, Chiara Pollicino, Fiammetta Paoli e Claudio Giombi.
Parla l’ideatrice e regista Francesca Merli
Perché i sogni su cui indagate ci appaiono come quelli di un tempo sospeso e distante?
In realtà non ci appaiono sempre come qualcosa che viene dal nostro passato, ma spesso richiamano il nostro presente. La differenza è l’interlocutore, cioè chi intervistiamo, nel senso che gli anziani cercano in qualche modo di tornare indietro raccontandoci i loro sogni. Vogliono eventi che riguardano soprattutto il loro passato, chiaramente perché cercano nei sogni di fare anche un po’ il punto di quella che è stata la loro esistenza e anche perché, avendo meno futuro, è il passato ciò che gli resta e che cercano continuamente di ricordare e di rielaborare. Quindi i sogni diventano quasi la loro memoria e si rivedono nei sogni piccoli, bambini e adolescenti. Gli adolescenti, invece, e soprattutto gli adulti, vivono un’età completamente immersa nel quotidiano e nel presente. Molto spesso è un’età completamente priva di immaginazione, soprattutto per quanto riguarda l’adolescenza, immersa nelle difficoltà del quotidiano: la scuola, le istituzioni, i genitori e il lavoro. Quindi i sogni si differenziano tra loro proprio a seconda delle generazioni.
Quale importanza riveste il sogno nella nostra società?
Il sogno è un po’ il termometro della nostra società. Serve a capire e carpire come stiamo, perché è grazie ai sogni che riusciamo a mettere una lente d’ingrandimento sulla nostra società e su come stanno i bambini e gli anziani.
Quanto c’è di tematica freudiana sull’interpretazione dei sogni nel vostro spettacolo?
Poco. Nel senso che chiaramente è stata una delle prime fonti di studio, però ci siamo ispirati principalmente al libro omonimo dei due antropologi, Jean Duvignaud e François Courbeau, che fecero quest’indagine sociale e quasi statistica di raccolta dei sogni dividendola per professioni. Quindi loro avevano catalogato i sogni degli imprenditori, degli insegnanti, dei dirigenti e così via. In quanto teatranti, mai oseremmo vestire i panni degli psicologi quali non siamo. Quindi quello che cerchiamo di fare è semplicemente raccogliere i sogni delle città in cui ci troviamo e carpire come stanno quelle città, soprattutto perché rispecchiano i sogni delle persone e della realtà che incontriamo, perché noi andiamo nella case di riposo e nelle scuole. Ad esempio adesso a Novara abbiamo frequentato l’associazione per ciechi ipovedenti, quindi una realtà completamente diversa. Ci siamo anche interfacciati con chi nei sogni più che vedere sente, essendo ipovedente. Quindi, in base alle realtà in cui ci troviamo, cerchiamo di dare una piccola fotografia di quella città.
Quali sono i sogni delle persone che avete incontrato nei diversi luoghi di Milano?
Ne abbiamo raccolti 200, abbiamo intervistato più di 200 persone! A me ha sicuramente colpito un sogno molto bello, quello fatto da Claudio Giombi, un ex baritono della Scala, che abbiamo incontrato alla casa di riposo Giuseppe Verdi e che ci ha raccontato un sogno in cui lui ha sognato una tabacchiera che in qualche modo lo ha portato per una serie di ragioni a diventare un cantante. Quindi è stato un sogno premonitore della sua grande carriera durata più di cinquant’anni all’opera. E poi è stato importante incontrare lui soprattutto perché, dopo aver avuto una carriera così importante, ha passato un anno difficile in casa di riposo, con la pandemia, senza poter nemmeno uscire. Era molto provato da questo e anche i suoi sogni in qualche modo hanno raccontato questo vissuto e questa difficoltà.
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- Intervista di Andrea Simone
- Foto in evidenza di Soheil Raheli
- Si ringraziano Antonietta Magli e Francesco Malcangio per la collaborazione