Nel 1954 Ennio Flaiano scrisse un breve racconto intitolato Un marziano a Roma, nel quale con surreale naturalezza narrava il singolare, quanto imprevisto, atterraggio sulla terra di una aeronave da cui sbarcava un essere proveniente da Marte. Il tutto avveniva a Roma e precisamente a Villa Borghese. Quell’idea è diventata in seguito un controverso spettacolo teatrale, un film e addirittura un modo di dire.
Adattato e diretto da Emilio Russo, Un marziano a Roma è in scena al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano dal 22 al 24 giugno. Ne è protagonista Milvia Marigliano. Le musiche sono eseguite dal vivo da Raffaele Kohler.
Quattro domande a Milvia Marigliano
Che tipo di percorso ha fatto questo marziano prima di finire sulla Terra?
Lui ci è proprio cascato sulla Terra, infatti si dice che ci ha impiegato tre giorni ed è questo che fa impazzire l’umanità: che qui da noi non funziona niente, almeno questo è il sottotesto arguto di Flaiano, e lì in tre giorni da Marte sono cascati giù. Quindi lui non ha fatto proprio un lungo percorso, ci è cascato. Poi farà il viaggio della conoscenza e dell’umanità a proprio modo e con i propri mezzi. Diciamo che è stato un percorso rapido. Si dice in questo racconto che abbia scelto Roma e l’Italia, però fa il percorso da quando casca. Conosce l’umanità e i giornalisti che lo invitano ai cocktail, perché rappresenta la grande novità che tutti si aspettano da lui.
Perché quando è arrivato sulla Terra è rimasto deluso?
Un po’ ci è cascato. Capiamo soltanto quando vive una scena d’amore con la ballerina e lui dice: “L’unica cosa vera che sto toccando sono i capelli”. E’ rimasto deluso come si rimane un po’ tutti delusi da un’umanità spiccia, non educata, che fagocita tutto, dal popolo che urla di fronte a un influencer. Ecco, oggi sarebbe come un influencer a cui diamo un’importanza enorme e in questo rimane deluso. Però lui non è così esplicito.
Soltanto a un certo punto lui parla con l’umanità e fa capire. All’inizio lui accetta gli inviti, forse si illude che sia una giostra, una vita assolutamente giocosa e per bene. Poi però fa un monologo bello graffiante sull’umanità e finisce dicendo: “Voi ammirate una sola riuscita: la ricchezza” e ho detto tutto. Flaiano mette in bocca al marziano il graffio che dà lui e che danno tanti intellettuali alla nostra società e ai nostri valori.
Come accolse Roma l’arrivo del marziano?
In maniera imbarazzante, come se fosse Maradona, come se fosse una novità e anche una speranza. Quindi sono tutti a sperare, perché poi alla fine quest’umanità abbastanza greve e grezza spera sempre in un Messia, in un politico nuovo, in qualcosa che possa salvarci. Quindi all’inizio l’hanno accolto in maniera eccessiva, esagerata, perché speravano in un cambiamento, in una rivoluzione, in un miracolo. Si spera sempre che alla fine San Gennaro sciolga quel sangue.
In che cosa sta la bellezza di questo testo di Flaiano?
La bellezza è che, anche se è stato scritto nel 1954, possiamo mettere qualsiasi data alla loro creatività ma diventano sempre parole universali, che possiamo raccontarcele all’epoca, allora, adesso e oggi. C’è sempre una sferzata alla società, una tensione altissima dell’umanità e quindi la bellezza è che è un testo di ieri ma che può valere anche oggi.
- Foto del sito del Teatro Menotti Filippo Perego
- Si ringrazia Linda Ansalone per la collaborazione