Il Teatro Sala Fontana di Milano propone fino a domenica 27 novembre “Il misantropo” di Molière. Lo spettacolo è diretto da Monica Conti, anche protagonista in scena con Roberto Trifirò, Stefano Braschi, Flaminia Cuzzoli, Giuditta Mingucci, Mauro Malinverno, Stefania Medri, Nicola Stravalaci e Antonio Giuseppe Peligra.
“La ballata dell’essere umano” potrebbe essere il titolo di questo nuovo incontro tra Monica Conti e Molière. Lo spettacolo conclude un ciclo di pièce fondate sulla necessità di ripresentare testi classici passando attraverso il corpo dell’attore con allestimenti basati sull’energia e sulla dinamicità delle relazioni. Un cast d’eccezione, con Roberto Trifirò, che dopo aver interpretato negli anni scorsi il signor Paolino nel classico di Luigi Pirandello e il poeta Trisottani ne “Le intellettuali”, si misurerà con il personaggio di Alceste, accompagnato da Mauro Malinverno nel ruolo di Filinte, e Flaminia Cuzzoli in quello di Célimène.
Teatro.Online ha intervistato Monica Conti, regista e protagonista dello spettacolo.
“Quanto è importante il testo per la relazione che l’attore ha con esso?”
“In questo caso è importantissimo perché qui c’è una lingua antica, che è stata tradotta da Cesare Garboli. Il primo problema dell’attore è far diventare carne questa lingua rendendola interessante, almeno in questo caso specifico”.
“Quali sono le ipocrisie e le stupidità che vengono messe in luce nel Misantropo?”
“Il misantropo è un testo misterioso, cinico e beffardo. Quindi tutte le relazioni umane vengono prese in considerazione. Vengono presi in considerazione l’ipocrisia sociale, lo stare insieme per giochi di potere e la finta devozione. Sono tutti temi cari a Molière ma anche all’oggi. Sono storici, fanno parte dell’uomo. E anche le relazioni amorose finte, com’è finta Célimène, che in fondo è una Don Giovanni in gonnella e com’è anche possessivo il rapporto di Misantropo nei confronti di questa ragazzina. E’ un testo che parla globalmente dell’uomo, in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue angolazioni”.
“Che tipo di indagine viene fatta sugli stati d’animo?”
“Sottilissima perché Molière è un antesignano degli stati d’animo. Ogni relazione è variabile e mutevole a seconda dei punti di vista di chi la percepisce. Noi abbiamo fatto un grandissimo lavoro con gli attori su questo”.
“In che senso qui il ritmo e il suono sono forme di espressione dell’inconscio?”
“Perché essendo versi, e comunque tradotti in versi anche da Cesare Garboli, il ritmo nei versi è un’espressione che ha un valore non estetico, ma di senso: un ritmo diverso dall’altro o un controtempo. Questo vuol dire proprio cavalcare il verso e farlo diventare in un certo senso parte di sé”.