Ulderico Pesce sceglie il punto di vista del fratello di Raffaele Iozzino, uno degli agenti della scorta di Aldo Moro, per raccontare a teatro le zone d’ombra di una delle pagine più buie della storia italiana, seguendo le tracce delle indagini del giudice Ferdinando Imposimato. Uno spettacolo di teatro civile che commuove e fa riflettere, dove la Storia si intreccia con le storie dei protagonisti e il lavoro documentario ai racconti privati.
Moro: i 55 giorni che cambiarono l’Italia è in scena al Teatro Verdi di Milano il 25 e il 26 ottobre. Sul palco Ulderico Pesce, che ha anche scritto e diretto lo spettacolo.
Quattro domande a Ulderico Pesce
“Quale può essere il punto di vista di Raffaele Iozzino sul caso Moro?”
“Il punto di vista di Raffaele e Ciro Iozzino è molto preciso: Raffaele Iozzino era un membro della scorta nato a Casola di Napoli, che parte perché ha il sogno di fare lo scortista di Aldo Moro, l’uomo col ciuffo bianco che voleva il compromesso storico e desiderava legare la Dc al Partito Comunista. Crede che Aldo Moro possa essere il simbolo di un’Italia sana. Raffaele Iozzino è figlio di contadini e lui stesso zappa la terra, ara, semina le fave e pertanto crede fermamente che Aldo Moro possa rappresentare uno Stato sano come la terra. Il suo sogno viene infranto, perché Raffaele Iozzino viene ucciso il 16 marzo 1978. Aldo Moro viene rapito e poi ucciso il 9 maggio. Ciro Iozzino è suo fratello, ha 15 anni e vede per la prima volta il fratello morto in televisione, steso sull’asfalto. Era l’unico ragazzo che era riuscito a scendere dall’auto e a sparare gli unici due colpi contro gli assalitori. Vede l’immagine del fratello steso a terra sotto il lenzuolo bianco, spunta il suo braccio e distingue il fratello perché aveva un orologio Seiko con il cinturino d’acciaio che gli aveva regalato il nonno. E’ un’immagine che si porterà dietro per tutta la vita. Il racconto della storia di Aldo Moro viene portato avanti da Ciro Iozzino, quindi dall’anima quindicenne che assiste a tutta l’evoluzione di questa storia. In 40 anni scopre cose orripilanti che ancora l’Italia non conosce.”
“Quali sono le zone d’ombra di questa pagina di storia italiana?”
“Le zone d’ombra sono moltissime. A volere la morte di Aldo Moro sono stati pezzi importanti dello Stato italiano. Che cosa ci faceva Camillo Guglielmi, un colonnello dei servizi segreti italiani, in via Fani alle 8 di quella mattina? Un membro dei servizi segreti italiani non può certo stare là un’ora prima del rapimento di Aldo Moro. Significa che i servizi segreti italiani erano presenti. Come questa ci sono tante altre incongruenze scoperte dal giudice Imposimato che possono essere seguite venendo a teatro e dedicando a questa storia un’ora e mezza della propria esistenza.”
“In che modo la Storia si intreccia qui con le vite dei protagonisti?”
“Si intreccia perché Ciro Iozzino è il fratello di Raffaele Iozzino e vuole sapere la verità. Vuole realizzare il sogno del fratello di vedere uno Stato italiano serio, onesto e sano, ma non ci riesce neppure lui. Ciro Iozzino allora aveva 15 anni, oggi ne ha 55 e noi in 40 anni seguiamo tutta l’evoluzione di questa storia. L’Italia non sa chi ha ucciso Aldo Moro: Ciro Iozzino lo ha capito molto bene grazie all’amicizia col giudice Imposimato e a scoperte che chi verrà a teatro avrà i brividi, perché ci sono prove schiaccianti che a volere la morte di Aldo Moro sono stati membri del suo stesso partito.”
“Qual è la verità sul caso Moro, secondo te?”
“La verità è molto chiara: Francesco Cossiga e Giulio Andreotti non hanno fatto nulla per salvarlo. C’è una dichiarazione fatta dal braccio destro di Henry Kissinger, che nello spettacolo viene fuori, che arriva in Italia il giorno dopo il rapimento di Aldo Moro per salvarlo, e che la dice lunga: Aldo Moro nel carcere avrebbe potuto dire delle verità sullo Stato italiano e sui rappresentati dello Stato. Avrebbe potuto rivelare dei segreti di Stato, ma Cossiga e Andreotti glielo hanno impedito.”