Adatto ad un pubblico da 0 a 99 anni, piccolo miracolo di precisione scenica, evergreen del teatro internazionale, La lettera vanta più di 1800 repliche, in 40 paesi del mondo e sin dal 2011, ininterrottamente, è in scena in ogni stagione del Teatro Filodrammatici di Milano. Liberamente ispirato a Esercizi di stile, libro dello scrittore francese Raymond Queneau, lo spettacolo narra di un uomo che entra in scena, si siede a un tavolo, beve un sorso di vino, contempla la foto della nonna e scrive una lettera.
La lettera è in scena al Teatro Filodrammatici di Milano fino al 19 dicembre. Ne è unico protagonista Paolo Nani, che ha anche scritto il testo e firmato la regia.
Quattro domande a Paolo Nani
In che modo ti sei ispirato al testo di Raymond Queneau?
C’è una pagina dove non succede niente mentre le persone sono in autobus che poi alla fine viene rivista su un altro autobus. Infatti si chiama Omnibus – Esercizi di stile. Il regista dello spettacolo ed io dovevamo fare una cosa visiva, fisica, perché l’idea era quella di fare uno spettacolo che stesse in una valigia. E così abbiamo fatto. Non c’è testo da tradurre.
Prima di fare questo, lui mi ha detto di provare a scrivere la lettera, poi mi ha detto di non scrivere niente perché se non c’era l’inchiostro, era inutile. A me è sembrato che fosse una boiata. Però lui mi ha detto di provare e quindi mi ha dato delle scene da fare e le sorprese. Lui si è steso a terra dalle risate e ha capito che il gioco funziona. Però deve essere un’altra scena e un’altra storia. Non possiamo giocare con le parole come fa Queneau.
Che cosa rappresenta la lettera?
Quello che è. E’ un modo per giocare con il pubblico. Non è niente di particolare, è un evento, un gioco teatrale. Infatti l’ho registrata alla SIAE come un gioco teatrale. Quando funziona lo spettacolo, è una festa. Non rappresenta niente di particolare, è un gioco che facciamo insieme.
Con che tipo di varianti si ripete la storia?
Alcune sono varianti di stile, tipo western. Per esempio Queneau non usa il circo né il cinema muto. C’è l’horror, il freudiano. E poi ci sono altre varianti pratiche come fare la scena all’indietro, due cose alla volta, con ripetizioni o in maniera volgare, come un sogno, senza mani, o pigro. In questo caso non esco neanche. Sono una quindicina di scene.
Che cosa si intende per teatro fisico?
Il teatro fisico è quella cosa per cui non ho bisogno di tradurre quello che sta succedendo. Quindi non c’è un testo. La gente inizialmente deve vedere qualche cosa per poter capire il gioco teatrale e quindi in questo senso è fisico. Non parlo ma dai sei anni in su tutti capiscono che cosa succede sulla scena.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Antonietta Magli per la collaborazione
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