Un altro spettacolo di Corrado d’Elia da collezionare. Un canto d’amore, un inno poetico all’arte e soprattutto al teatro. Alla sua fragilità, alla sua papabile incertezza, alla sua caducità e alla sua fondamentale, profonda umanità. Un flusso di pensieri forte e toccante, che in un gioco teatrale di sovrapposizione con il Maestro, in totale comunione con lui, restituisce ancora una volta la parola all’emozione e alla poesia.
Non chiamatemi Maestro è in scena al Teatro Arsenale di Milano fino al 24 marzo ed è uno spettacolo interamente e unicamente scritto, diretto e interpretato da Corrado d’Elia.
La parola a Corrado d’Elia
“Perché non vuoi essere chiamato Maestro?”
“Maestro è una parola grande. In realtà lo spettacolo è dedicato ai maestri. E’ buona cosa avere dei maestri e riuscire a capire chi sono, perché così possiamo capire da dove veniamo e qual è la nostra strada. Purtroppo – come diceva Giorgio Strehler – alcuni non hanno maestri ed è più difficile insegnare e spiegare a chi non sa che cosa sia un maestro. Nei tempi di oggi forse è un po’ così. Non chiamatemi maestro è uno spettacolo dedicato al teatro, al grande amore che io ho per il teatro, ma anche e soprattutto alla figura di quel grande regista che è stato Giorgio Strehler, italiano ed europeo.”
“Questo spettacolo vuole essere un inno poetico all’arte e al teatro?”
“Per forza! Tutti gli spettacoli che cerco di scrivere sono un inno poetico all’arte e al teatro. All’arte sicuramente. Possiamo definirlo un non spettacolo. Noi ci fermiamo, io sarò tra il pubblico, mi muoverò per il palcoscenico-teatro. Il teatro Arsenale, che è un teatro meraviglioso, ha la caratteristica di essere tutto palcoscenico. Le luci sono sopra tutto lo spazio e qui racconterò dell’amore per il teatro, per la corda, per la luce, per il legno, per quello che mi ha fatto innamorare di questo mestiere che chi viene a teatro porta nel cuore.”
“C’è un Maestro fondamentale nel tuo percorso di formazione a cui magari fai un po’ riferimento nello spettacolo?”
“Io cito Giorgio Strehler che non ho conosciuto personalmente. Ho lavorato per una piccola cosa al Piccolo Teatro, ma senza conoscere davvero Giorgio Strehler. Per me è però rimasto un maestro fondamentale. Giorgio Strehler ha scritto tanto. Scriveva a tutti. Scriveva i suoi pensieri. Scriveva ai vivi e ai morti, a quelli che esistevano e a quelli che non esistevano. E’ stato un grande personaggio di alta caratura intellettuale e soprattutto umana. Il teatro è umanità e questo è il punto di partenza. Il teatro è quella cosa che ci rende più umani, che ci fa riconoscere, che fa sì che le persone che arrivano si sentano comunità. E’ per questo che io faccio teatro tutte le sere. Prendendo alcuni di questi scritti, li ho sistemati e tradotti in maniera poetica, come faccio io di solito. Ne è nato uno spettacolo piccolo, di grande cuore e raccolto, dove io parlo di me parlando di altri.
E come ogni grande che si rispetti, Giorgio Strehler non poteva fare altro che uscire di scena la notte di Natale del 1997, in una notte di freddo e di buio, con la neve che cade piano piano sui tetti e sui cuori degli uomini.”
“Siamo di fronte alla storia di una passione?”
“E’ la storia complicata di una vocazione, più che di una passione. Perché all’inizio è passione, poi diventa vocazione. E’ quella cosa che poi rimane , che ci prende e che ci mangia dentro. Qui qualsiasi uomo di teatro che abbia fatto tante nottate in teatro a costruire, a distruggere e a farsi del male tira fuori davvero la vita, quella che noi diamo tutte le sere sul palco alle persone.”
- Intervista video di Andrea Simone