Un testo ambientato in un luogo e in un tempo non precisato che racconta la vicenda familiare di quattro sorelle orfane, Eva, Lea, Isa e Mia. Un evento casuale che diventa il pretesto per l’esame introspettivo dei personaggi mettendone a nudo gli effettivi rapporti presenti e pregressi, facendo emergere segreti taciuti e apparentemente dimenticati.
Non lo deve sapere è in scena al Teatro Libero di Milano fino al 10 febbraio e dal 14 al 17 febbraio. Scritto da Monica Faggiani e Silvia Soncini (presenti anche in scena) e diretto da Fabio Banfo, vede protagonista, oltre alle due autrici, Valeria Perdonò, con la presenza in video di Claudia Figini.
Parla Monica Faggiani
“E’ la verità il tema di questo spettacolo?”
“Sì. E’ l’importanza di riuscire a dire la verità e dirla. C’è una linea sottile tra la menzogna e la protezione verso l’altro. E’ la responsabilità di custodire la verità o un segreto. E’ l’importanza del danno che nasce quando si rivela una verità e della capacità di tenersi un segreto per non danneggiare l’altro. Questo è proprio il tema da cui siamo partite io e la mia collega per scrivere il testo. Era un tema molto personale, che ci affascinava moltissimo.”
“I personaggi custodiscono un segreto?”
“Sì e lo spiega anche il titolo. Tutto parte perché ci sono quattro sorelle, una delle quali è molto più piccola e noi non la vedremo mai, se non nel finale in un flashback. Le tre sorelle vengono a sapere un pettegolezzo, qualcosa che riguarda il compagno della sorella più piccola. E’ un segreto e si dibatte se dirlo o non dirlo. Il testo è costruito come un noir psicologico. Andando avanti, quello che si riesce a capire è che c’è un segreto molto più forte dietro, ai danni di una delle altre sorelle. E’ quello che veramente non si deve sapere e che non si saprà. E’ un segreto molto forte, è una cosa che è stata tenuta nascosta con l’idea di proteggere e di non danneggiare la sorella. Ci chiediamo se sia stato giusto e se è giusto continuare a mantenere quel segreto o se invece non sia il caso di assumersi la responsabilità di dire la verità e di fare del male per poi superare quell’impasse. Perché è un segreto grosso, è una zavorra che le sorelle si portano dietro pur di non dire questa cosa. Non si capisce cosa c’è dietro veramente e man mano emerge. Sono flash di incontri tra le sorelle che si parlano a coppie o tutte e tre insieme e affrontano questo tema.”
“Come viene rappresentata qui la famiglia?”
“E’ una famiglia alto borghese e noi la rappresentiamo ancestralmente come la sede delle più grandi violenze relazionali. Intendo violenze che sono sempre molto forti e da cui non si esce mai. E’ un tema molto forte e violento a livello relazionale. Queste donne si fanno del male pensando di proteggersi e di farsi del bene. C’è un trauma alla base. Citiamo il padre, un famoso psichiatra che in qualche modo le vessava come possono fare alcuni padri che pensano sia divertente giocare con le proprie figlie in maniera autorevole e autoritaria. Quindi ognuna di loro ha il proprio nucleo di dolore che si porta avanti. Sicuramente la famiglia è per noi un luogo dove si sviluppano relazioni dolorose.”
“Perché ognuna delle quattro sorelle prova rancore nei confronti delle altre?”
“Perché ognuna ritiene che alle altre sia stato dato in qualche modo qualcosa che lei non ha ricevuto. La più piccola è nata quasi 20 anni dopo, però si ritrova coinvolta in una vicenda che non racconto e pur essendo piccola, viene cresciuta dalle sorelle più grandi che si occupano di lei e lei viene coinvolta all’interno di queste relazioni che sono ancestralmente forti. E’ una relazione archetipica in cui è importante avere ragione. Si sviluppano delle dinamiche di potere che avranno un effetto forte e ognuna delle quattro sorelle cercherà di prevaricare sull’altra.”