“NON UNA DI MENO”: MITI DI IERI E MITI DI OGGI

Attorno al Mediterraneo, da millenni, navigano racconti e storie che viaggiano sulla bocca di uomini e donne che attraversano il Mare Nostrum. Da millenni sempre le stesse storie, gli stessi racconti, tanto veri ed estremi da diventare miti. Tra questi il mito delle donne troiane che rivivono oggi, davanti a noi, struggenti ed umane. Donne perseguitate da una guerra feroce, schiave della ringhiosa rabbia degli uomini. In attesa di una nave che le porti verso un mondo migliore, vivono per noi la loro commedia umana, fanno i conti con la loro fragilità e la loro forza.

Non una di meno è in scena al Teatro Libero di Milano fino all’11 novembre. Tratto da Le Troiane di Euripide e riadattato da Manlio Marinelli, è diretto da Lia Chiappara. Ne sono protagoniste Stefania Blandeburgo, Giulia Rupi e Silvia Scuderi.

Quattro domande a Lia Chiappara

“Quali sono le donne della mitologia che avete scelto di rappresentare in questo spettacolo?”

“Sono Ecuba, Andromaca e Cassandra. Sono le tre donne protagoniste de “Le Troiane”, che salvando il mito e l’archetipo abbiamo trasformato in donne contemporanee, perché sono donne di oggi, parlano un linguaggio contemporaneo, sono donne forti e fragili che soffrono e gioiscono, che hanno speranze e che lottano ma con un linguaggio assolutamente dei nostri giorni.”

“In che cosa stanno la forza e la fragilità di queste donne?”

“Sono fragili perché sono molto umane. Sono le donne che sentono il peso dei loro ruoli, che vivono i problemi di oggi ma che sono quelli di sempre: la guerra e la violenza. Questo ci riporta all’archetipo delle donne troiane vittime della violenza degli uomini insulsi, perché le guerre sono sempre frutto di un istinto bestiale. La loro forza è che hanno ancora voglia di lottare e di risolvere i problemi con una forza nuova che è tipica delle donne che nei momenti più dolorosi trovano ancora la forza di donarsi all’altro e di avere ancora generosità.”

“C’è anche un richiamo a vicende contemporanee?”

“Assolutamente sì, perché Andromaca, Ecuba e Cassandra possono essere una delle tante donne che arrivano sulle nostre coste da guerre, da problemi scellerati del Medio Oriente e da tutti quei Paesi travagliati che noi conosciamo bene.”

“In che modo si mescolano qui comico e tragico?”

“Si mescolano perché queste donne sono colte anche nella loro fragilità di essere madre e figlia come Ecuba e Cassandra o nuora e suocera come Andromaca ed Ecuba, di avere la voglia di vita, di frivolezze, di gioire ancora una volta e di avere ancora dei sogni di vita. Il tragico nasce dalla situazione che vivono, di un’attesa su una costa sperduta dell’Asia Minore o del Medio Oriente. Aspettano il traghettatore e in quest’attesa rivivono i ruoli umani tra tragico e comico. Il lavoro grida ancora voglia di vita. I linguaggi del quotidiano, del sogno, della veggenza e del pensiero si mescolano. I due confini si uniscono in questo tragico/comico.”