Uno spettacolo in forma di diretta radio ricco di citazioni musicali, una divertente carrellata nostalgica fra i ricordi dei due attori/autori protagonisti. Il racconto di una generazione costruito attraverso il ricordo comune – dalle caramelle Rossana alla minestra con le stelline, da Postalmarket a Non è la Rai – e quello privato e personale, i primi baci, “i silenzi a tavola con mio padre” e così via.
O della nostalgia è in scena al Teatro Verdi di Milano dal 24 al 27 gennaio. Lo spettacolo è interpretato da Matteo Angius e Riccardo Festa, anche autori e registi.
Parla Riccardo Festa
“Con questo spettacolo avete voluto portare la radio a teatro?”
“In qualche modo sì. L’idea nasce perché io ho lavorato per quattro anni a RadioRai e Matteo ha un passato molto legato al teatro di performance. Visto che io ho fatto anche il presentatore, abbiamo detto che è anche un po’ il nostro ritratto di quarantenni. Abbiamo cercato di mettere meno struttura nello spettacolo e più cose che abbiamo fatto e vissuto. Quindi si è deciso di utilizzare l’andamento a rubriche della radio, che offre la possibilità di riempire una struttura con così tanti contenuti, portandola però sul palco e facendo questa cosa, senza però dimenticarci che siamo a teatro. Quindi c’è un continuo spostamento tra il dispositivo radiofonico e quello teatrale, un continuo gioco di giustapposizioni e di riferimenti di specchi.”
“E’ la nostalgia il tema centrale dello spettacolo?”
“Sì, già nel titolo volevamo dare l’idea di qualcosa che manca. Ci si può mettere qualsiasi cosa davanti, come quando si parla delle fotografie o della nostalgia. Manca la prima parte, perché dà l’idea di questa mancanza che è in qualche modo quella che alimenta il sentimento della nostalgia. Abbiamo cercato di capire che cos’è la nostalgia insieme al pubblico. Lo spettacolo è un piccolo dispositivo di ricerca filosofica e performativa rispetto alla nostalgia. Non avevamo un’idea precisa quando abbiamo cominciato, sapevamo solo che questo tema parlava di lui e di me come persone e ci siamo ritrovati su questo argomento. Se però dovessimo cercare di definirla, non saremmo in grado, quindi abbiamo tentato di studiare che cos’è la nostalgia attraverso l’unica cosa che sappiamo fare da vent’anni a questa parte, cioè il teatro. E’un pretesto per vedere come si può studiare un tema a teatro.”
“In che modo passato e presente si sovrappongono qui?”
“Tutto è sempre sovrapposto e sempre in dialogo con quello che facciamo. C’è proprio un pezzo dello spettacolo che racconta in un monologo di cinque minuti di come nella nostra memoria tutte le cose si vivono nello stesso momento nel tempo del ricordo, così come tutte le cose che si ricordano potrebbero essere infilate in pochi giorni, schiacciandole e mettendole l’una dietro l’altra. Perdiamo molto giorni, perché magari non hanno avuto un peso nel nostro vissuto. Quelli che rimangono e che sono più legati a qualcosa che rimane impresso nella nostra memoria fanno di noi quello che siamo. Facciamo un piccolo esempio di vita condensata, da quando ci svegliamo a quando usciamo di casa. Sono tutti eventi legati alla mia vita e a quella di Matteo, schiacciati però in cinque minuti. Tutto è sempre presente, sia quello che ci aspettiamo per il futuro sia quello che in realtà abbiamo già vissuto. E’ sempre qui.”
“In che modo interagite con il pubblico?”
“Molto direttamente. Non c’è quarta parete ed è chiaramente uno spettacolo che fa riferimento alla tradizione post-drammatica che esiste da una decina d’anni. Parliamo direttamente col pubblico come se fosse un programma radiofonico e ogni tanto chiediamo agli spettatori delle risposte. Parliamo, dialoghiamo, diamo degli oggetti al pubblico, ci sediamo in platea e ritorniamo sul palco. Chiediamo agli spettatori di assumere una posizione diversa in ogni situazione dello spettacolo. Gli chiediamo di mantenere il filo del discorso che stiamo facendo, di interagire con noi. E’ come se ogni volta ricontrattualizzassimo le nostre posizioni rispetto al pubblico, sperando di farlo con il loro consenso.”
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Serena Agata Giannoccari per la gentile collaborazione