“DELITTO E CASTIGO”: ECCO PERCHÉ RASKOL’NIKOV UCCIDE

San Pietroburgo: una città popolata da incubi, visioni deliranti e realismo spietato. I suoi vicoli sono pieni di bettole e squallide stanze dove la gente origlia, respira affannosamente, piange e ama. Ed è proprio a San Pietroburgo che si svolge la parabola esistenziale del protagonista di Delitto e castigo, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 4 marzo. Raskol’nikov è un giovane studente che commette un delitto per poi precipitare in uno stato mentale in bilico tra una lucidità cinica e graffiante e un delirio folle e convulso. Alberto Oliva propone al pubblico la sua versione del capolavoro di Fëdor Dostoevskij, da lui adattata con Mino Manni, a sua volta protagonista in scena. Sul palcoscenico troviamo Marco Balbi, Francesco Brandi, Maria Eugenia D’Aquino, Massimo Loreto, Sara Marconi, Giulia Marelli, Camilla Sandri, Riccardo Sinibaldi.

Intervista ad Alberto Oliva

“In che senso Raskol’nikov uccide per sentirsi un’anima eletta e non una persona qualsiasi?”

“Raskol’nikov elabora una propria teoria all’interno di ‘Delitto e castigo’ che divide l’umanità in due categorie: gli uomini comuni e quelli non comuni. I primi servono a popolare l’umanità, ad aumentarla numericamente, a procreare e a vivere una vita normale. I secondi sono anime elette di uomini non comuni che però non possono decidere di esserlo, lo sono e basta. Hanno il diritto e il dovere di scavalcare qualunque ostacolo si frapponga tra loro e il progresso dell’umanità di cui sono portatori. Ne sono esempi personaggi come Napoleone, Maometto, Newton, i grandi legislatori e Keplero: hanno un’idea che può portare avanti tutta l’umanità ed è proprio quella ad autorizzarli a commettere i delitti, se questi omicidi servono a far passare la loro nuova legge e la loro nuova idea. 

Raskol’nikov prova ad essere un’anima eletta. In realtà si renderà ben presto conto che non lo è. C’è una battuta bellissima che dice: ‘Ma voi ve lo immaginate, Napoleone che si butta sotto il letto di una vecchia usuraia, che la uccide a colpi d’ascia? E’ l’estetica che glielo impedisce!’ Quindi si rende conto anche lui stesso di avere commesso un omicidio privo di senso per il progresso dell’umanità. Lui non è un’anima eletta né un uomo non comune, quindi il suo è un delitto che non vale niente, che non ha senso e che non è certo paragonabile ai grandissimi uomini della storia. E’ la presa di coscienza di un fallimento da cui comincia la parte del castigo. Infatti è meravigliosa la domanda che gli fa il giudice: ‘Cosa ne sarà della coscienza dell’assassino?’ E Raskol’nikov risponde: ‘Se ce l’ha, una coscienza, soffrirà’. E sarà questo il suo vero castigo oltre ai lavori forzati”.

“E’ un’analisi profonda sul mistero dell’uomo?”

“Assolutamente sì, perché non ci sono risposte certe né soluzioni. C’è solo l’analisi di un’anima e credo che in quest’epoca sia qualcosa di fondamentale, proprio perché noi siamo abituati a farci sbattere i fatti di cronaca nera in prima pagina e a vedere trasmissioni in cui vengono chiamati sedicenti esperti a esprimere le proprie ragioni e psicologi che presentano le proprie teorie. Invece, attraverso “Delitto e castigo”, noi viaggiamo all’interno di un uomo che ha saputo andare oltre l’ostacolo e che è impazzito, come lui stesso dice. Però ne capiamo le ragioni profonde e così analizziamo ciò che avviene nella testa di chi commette un reato. Io credo che solo in questo modo noi possiamo sconfiggere il male e i femminicidi come quello messo in atto da Raskol’nikov che uccide due donne, di cui una incinta. Noi siamo in grado di debellare questa piaga della società soltanto se capiamo le ragioni che muovono l’assassino, non soltanto giudicandolo”.

“Quanto sono importanti gli altri personaggi?”

“Sono fondamentali. Ci sono nove attori che interpetano 15 personaggi, per cui siamo riusciti a dare vita a un’umanità e aun’opera  corale. Credo che sia questa la forza del nostro spettacolo. Non c’è solo la storia di Raskol’nikov, ma quella di una città: San Pietroburgo, la vera protagonista di ‘Delitto e Castigo’. Abbiamo cercato di seguire la psicologia e la storia di tutti questi personaggi, ed è bello sentire il pubblico che esce e si ricorda di tutti loro. Gli spettatori commentano e si affezionano alla storia della madre, della sorella, della fidanzata, dell’ubriacone, del giudice e via discorrendo. E’ un’umanità straordinaria interamente delineata in profondità”.

“Dostoevskij giudica i suoi personaggi?”

“Assolutamente no ed è proprio questa la sua grandissima forza che lo rende il mio autore preferito. E’ capace di entrare a fondo nell’anima di tutti i suoi personaggi senza giudicarne nemmeno uno. C’è una battuta meravigliosa in cui Raskol’nikov definisce il suo amico Razumichin e gli dice: ‘Tu sei il più buono di tutti i miei amici, il più intelligente, e per questo sei l’unico che può giudicare’. Gli altri devono astenersi dal giudizio, perché il loro diventa pregiudizio, barriera, ostacolo e freno alla comprensione umana. Invece la straordinaria forza di Dostevskij sta nella capacità di capire tutti i personaggi e tutta l’umanità”.