“UN’ORA DI NIENTE”: PAOLO FARONI E L’IRONIA DELL’AMORE

Un’ora di niente è un monologo comico sul conflitto tra natura e spirito, tra eccezionalità e quotidianità, tra bisogni e sogni e di come tutti questi conflitti trovino nell’amore il loro campo di battaglia. L’amore come atto creativo e gratuito per eccellenza, l’amore che ispira la poesia e che domina su tutto e allo stesso tempo su niente. Uno svolazzo della fantasia, uno sberleffo all’esistenza, la quale altro non è se non “il tempo che passa dal giorno in cui ti danno un nome al giorno in cui lo scrivono su una pietra”.

Lo spettacolo è in scena al Teatro Linguaggicreativi di Milano domenica 7 ottobre. Ne è autore, regista e interprete Paolo Faroni.

Quattro domande a Paolo Faroni

“Quali tipi di conflitti vengono presentati in questo spettacolo?”

“Lo spettacolo presenta un conflitto di base tra natura e animo e tra carne e spirito. E’ uno spettacolo che ironizza molto sulla pulsione umana a tendere a cose elevate o spiritualmente umane. L’uomo fa parte comunque del loro stesso mondo e deve calibrare questi due aspetti. Negli animali è un conflitto meno evidente perché tutto tende verso una parte più animalesca fatta di alcune regole precise che vengono seguite. Gli animali si pongono sicuramente meno interrogativi di noi. Le loro tensioni sono rivolte anche a cose meno  gratuite, diversamente da quelle umane che si esprimono attraverso pratiche gratuite o artistiche. In questo caso il fine non rientra in una modalità di praticità o di bisogno, perché la sua necessità è alimentare qualcosa che va al di là della semplice sopravvivenza, del semplice doversi nutrire o del semplice doversi accoppiare per riprodursi. Questa dicotomia tra una tensione estremamente elevata o quasi astratta e quella più pratica e istintiva a cui la natura ci chiama è alla base dei conflitti maggiori nell’uomo, che ha sempre questo tipo di dilemma tra il suo essere senziente e il suo essere felino. ” 

“E’ qui centrale la tematica dell’amore?”

“L’amore è l’epicentro del dilemma, perché scatena questo tipo di conflitto all’ennesima potenza. Non c’è niente di più elevato ma allo stesso tempo anche di più concreto dell’amore, perché è visto come un mezzo attraverso cui la natura si riproduce. L’amore dell’uomo può anche essere platonico. Sono due mondi estremamente lontani e conflittuali fra loro. Da un lato c’è una tensione quasi poetica, dall’altro la costrizione di dover fare i conti con l’ingranaggio della natura che ci costringe a rapportarci con le pulsioni e con la carne, dove tutte le poesie vengono meno oppure dove si esprimono, perché la carne non è sempre un luogo barbaro. Però l’amore viene visto come il luogo di una vertigine che va da una vetta a un abisso. In mezzo c’è una caduta o una salita a seconda delle prospettive, dei punti di vista o delle situazioni.”

“Quali sono i tipi e le forme d’amore che lo spettacolo ci offre?”

“Lo spettacolo si concentra molto su un amore poetico o persino platonico, che però trova la sua contropartita nelle perversioni e nelle espressioni meno poetiche. Solo all’apparenza, però, perché anche le pulsioni più turpi e torbide hanno a che vedere con la necessità dell’uomo di impiegare il tempo con occupazioni che non ha uno scopo o un progetto. L’uomo ha molto più bisogno dell’effimero di quanto si possa pensare. E’ una costante fuga dall’aspetto pratico della natura e l’arte e la poesia ne sono una dimostrazione. Tutto nell’uomo sconfina sempre nel platonico. E’ un amore estremamente idealizzato e poetico che però deve fare i conti con la sua matrice più poetica e pratica, a tratti anche più meschina. E’ una cosa a 360 gradi.”

“Il titolo è ‘Un’ora di niente’ ma in realtà, nello spettacolo hanno un ruolo importante i sogni, giusto?”

“A volte a teatro quando si parla di certi argomenti si ha la sensazione che si parli di niente, nella misura in cui non avendo un messaggio o non appartenendo a una categoria predefinita come può essere un teatro d’impegno o l’avanguardia, sembra che uno parli del nulla. Ci sono argomenti che sembra non debbano avere un determinato peso perché non vanno a toccare certe corde che possono essere quelle sociali. Io sono dell’idea che una persona debba essere totalmente libera di non fare niente, anche se qui non c’è niente, e che quello sia il grande impegno, cioè che il flusso di coscienza è veramente viscerale solo dove c’è una libertà di fondo della persona che si esprime. Il niente qui è anche legato al niente del monologo di Mercuzio, quando Romeo dice di parlare dei sogni. E’ un niente che parte anche da lì: da una fonte elevata e inaspettata come William Shakespeare.”