“OTELLO”: 5 DOMANDE IN VIDEO A GABRIELE CALINDRI

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La sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini di Milano presenta fino al 13 novembre “Otello”. Il testo dello spettacolo è stato tradotto da Ferdinando Bruni. La regia è firmata da Elio De Capitani, anche presente in scena nel ruolo di Otello, e Lisa Ferlazzo Natoli. Compongono il cast Federico Vanni (Iago), Camilla Semino Favro (Desdemona), Cristina Crippa (Emilia), Angelo Di Genio (Cassio), Alessandro Averone, Carolina Cametti, Gabriele Calindri nel doppio ruolo di Brabanzio e Graziano, Massimo Somaglino e Michele Costabile.

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Rileggere “Otello” spogliandolo della “tradizione”, tornare al cuore del meccanismo drammatico e delle parole. Elio De Capitani prosegue il lavoro su William Shakespeare e mette in gioco anche il suo talento d’attore firmando la regia a quattro mani con Lisa Ferlazzo Natoli. I due registi hanno condiviso l’idea di portare in primo piano il nodo indissolubile tra l’io e l’altro, tra il simile e il dissimile. Due aspetti che in questo testo diventano tragedia della gelosia e del sesso. Sfociano nel dramma dei rapporti interrazziali e culturali, del dubbio e della potenza manipolatoria della parole.

Teatro.Online ha intervistato Gabriele Calindri, uno dei protagonisti dello spettacolo.

A questa versione della tragedia di Shakespeare è stata data dal regista Elio De Capitani un’impostazione molto particolare. Che cosa significa ‘rileggere Otello spogliandolo della tradizione e tornando al cuore del meccanismo drammatico e delle parole?”

Innanzitutto partiamo dalla traduzione di Ferdinando Bruni. Si tratta di un vero e proprio capolavoro, che coniuga tradizione con parole attuali e molto moderne. Quindi, partendo da quella sostanza, l’impulso è stato quello di dare una luce cupa ma anche molto moderna e fredda all’interno di questo Otello. E’ un Otello, come qualcuno lo ha definito, molto notturno. Infatti è così, è molto scuro. Da parte di Elio De Capitani e di Lisa Ferlazzo Natoli c’è stato da subito il tentativo di ‘asciugare’ tantissimo. Infatti anche nelle scene più drammatiche, più tragiche, più emotive e di sentimento, il tentativo è stato quello di ridurre all’osso l’interpretazione”.

In che cosa sta la vera tragedia di Otello? Nell’essere vittima di se stesso, della propria gelosia o delle circostanze?”

Mi fa piacere che tu mi faccia questa domanda. In realtà io avrei qualcosa da aggiungere. Nel senso che tutti hanno parlato della gelosia e del razzismo su cui si basa il dramma. Mi sembra che nell’era moderna sia anche interessante parlare di Otello come guerriero. E cioè come di un uomo capace con un braccio, come lui stesso ripete più volte nell’arco del testo, di poter fare un disastro. Otello può distruggere un sacco di persone e  punirle solo con il movimento di un braccio. Quindi è un uomo molto forte, strutturato e potente.

‘La durezza è il mio mestiere’, dice. Questa durezza si sgretola e viene demolita perché un tarlo gli viene messo nel cervello da parte di Iago. Questo, secondo me, è un tema fondamentale oggi, nell’epoca moderna in cui tutto è apparenza. Siamo in un’era in cui io sono apparentemente educato ma anche brillante, forte e capace. Poi basta un bruscolino e tutto si distrugge completamente”.

C’è un altro aspetto?”

L’altro aspetto che a me piace molto, da affrontare con te e da condividere con chi vedrà e leggerà quest’intervista, è che Otello è uno dei primi casi dichiarati, scritti, tradizionali e classici, di violenza domestica”

Nello spettacolo tu hai il doppio ruolo di Brabanzio e Graziano. Vuoi parlarci dei tuoi personaggi?”

Sì. Diciamo che sono per natura uno il doppione dell’altro. Spesso l’attore che fa Brabanzio fa parte anche la parte di Graziano, che è il fratello più giovane di Brabanzio. Diciamo che in un certo senso sono collegati dal fatto che Graziano arriva alla fine per dichiarare la morte di Brabanzio, che storicamente è morto di crepacuore. Un infarto dovuto al fatto che Desdemona ha abbandonato la sua casa a Venezia e suo padre per andare con Otello a Cipro. E’ un ruolo più breve, meno intenso, ma comunque fortissimo perché partecipa al massacro finale del quinto atto. E’ una scena che a me piace molto.

Brabanzio è un senatore, dichiarato e chiamato ‘il Magnifico’. Ha lo stesso peso nel voto del Doge, nel senso che il voto di Brabanzio vale doppio. Quindi Brabanzio può smentire la decisione del Doge ed è su questo che si è lavorato. Cioè sul fatto di dare ovviamente spazio al dolore paterno per quello che sta succedendo. Egli però non dimentica mai che è un uomo politico e che anche di fronte al Grande Consiglio deve tenere il piede in due scarpe. Deve cioè pensare a sua figlia ma anche all’immagine di sé come uomo conosciuto”.

Sei d’accordo nel dire che uno degli aspetti fondamentali di questa tragedia è l’inconciliabilità tra uomo e donna?”

Capisco che possa generare questo pensiero, ma credo che la vera incompatibilità sia nella gestione della verità”.