Eros Pagni, “Enrico IV”

Un uomo che è caduto da cavallo durante una festa in maschera e si è risvegliato convinto di essere Enrico IV, il personaggio storico che stava interpretando, è una grande metafora. Con la sua figura ci fa riflettere sul grande tema della follia ma anche sulla finzione e sul teatro stesso. L’uomo stesso, infatti, di cui non conosciamo neppure il vero nome, si è talmente radicato nel suo personaggio da non volerne neppure uscire quando rinsavisce di colpo.

Enrico IV di Luigi Pirandello è in cartellone al Teatro Manzoni di Milano fino al 6 marzo. Uno spettacolo che va in scena a cento anni esatti dal suo debutto, avvenuto proprio al Teatro Manzoni il 24 febbraio 1922. Adattato e diretto da Luca De Fusco, vede protagonista nei panni dello storico personaggio il grande Eros Pagni. Nel cast anche Anita Bartolucci, Paolo Serra, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase, Matteo Micheli, Alessandra Pacifico Griffini e Alessandro Balletta.

Immagini del canale Youtube “Teatro Manzoni”

Intervista a Eros Pagni e Valerio Santoro

In che cosa sta la follia di Enrico IV?

Eros Pagni: Nell’aver deciso di prendere la pazzia come scudo contro le angherie e le miserie della vita, contro gli imprevisti, l’incomprensione e l’incomunicabilità. Si potrebbe andare avanti per anni e credo che questo sia il motivo centrale del personaggio di Enrico IV.

Quali sono le contraddizioni principali di Enrico IV?

Eros Pagni: Sono quelle che lui incontra in chi lo ascolta, in quanto chi lo ascolta non vede assolutamente un barlume di verità, pulizia, innocenza e contaminazione. Le contraddizioni lo costringono a scegliere la pazzia prima di tutto per vendicarsi, appunto per tutte le motivazioni che ho detto. E’ un personaggio che però non vive nella contraddizione, ma nel desiderio smodato di ritornare in qualche modo ad assaporare la verità delle cose che ha perso, naturalmente con l’incidente che ha avuto cadendo da cavallo.

Perché secondo lei questo personaggio è uno di quelli che hanno fatto la storia del teatro?

Valerio Santoro: Perché Luigi Pirandello ha presentato per la prima volta questo testo al Teatro Manzoni cento anni fa, il 24 febbraio 1922. Lo scrisse per Ruggero Ruggeri. Se una firma come quella di Luigi Pirandello, nel pensare a un testo per un suo primattore come Ruggero Ruggeri, lo ha scritto apposta per lui, un motivo ci sarà. E’ una grande prova d’attore e anche un po’ una metafora del teatro, nel senso che questo personaggio si finge Enrico IV per tutto quel tempo per sfuggire alla realtà, all’amara quotidianità. In qualche modo recita per tanti anni. Quindi mai come in questo testo teatro e vita, interpretazione e vita reale si sommano alternandosi l’una all’altra e dando la possibilità ad un attore di sfoderare le sue più grandi performance e peculiarità.

Vorrei chiederle di commentare queste parole: “E io penso, Monsignore, che i fantasmi, in generale, non siano altro in fondo che piccole scombinazioni dello spirito: immagini che non si riesce a contenere nei regni del sonno: si scoprono anche nella veglia, di giorno; e fanno paura…”

Eros Pagni: “…E io ho sempre tanta paura quando me le vedo davanti di notte. Immagini scompigliate che ridono smontando da cavallo”, per completare la battuta che lei ha citato poc’anzi. La vita per certe persone può diventare un’immagine che però non si riesce a cogliere e lascia una traccia dentro di noi, lascia molti dubbi e se ne ha paura perché non si riesce ad afferrare, a capire e a decifrare.

  • Intervista video di Andrea Simone
  • Si ringrazia Manola Sansalone per la collaborazione
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