Davide Lorenzo Palla, “Shakespeare da bar”

Una trilogia del più grande autore di tutti i tempi arriva al Teatro Carcano con una rivisitazione moderna e fatta di musiche anni 80 e 90 eseguite dal vivo da Tiziano Cannas Aghedu. Sulle note del maestro si muove Davide Lorenzo Palla, che con la regia di Riccardo Mallus coinvolge anche il pubblico nello spettacolo in scena al Teatro Carcano di Milano dal 7 al 9 ottobre.

Intervista a Davide Lorenzo Palla

Tu e il regista Riccardo Mallus avete scelto tre grandi classici shakespeariani: due tragedie e una commedia, distribuite su tre serate. Lascio a te il compito di dire quali sono e come le avete rappresentate.

Cominciamo con “Otello”, in scena il 7 ottobre. E’ un nostro cavallo di battaglia ed è stato il primo che ci ha avvicinato a William Shakespeare. Lo abbiamo portato in giro per tutta Italia in lungo e in largo, nei teatri ma non solo; anche in molti locali, bar, centri culturali e di aggregazione. La storia di questo spettacolo è quella da cui nasce tutto. Abbiamo capito che si poteva raccontare Shakespeare e renderlo attuale e comprensibile, coinvolgendo il pubblico in maniera molto semplice: con il potere dell’affabulazione e dell’immaginazione; come un moderno cantastorie.

Io faccio tutti i personaggi, racconto la storia, interpreto e porto il pubblico alla scoperta di queste opere facendogliele vivere e vedere. Questo ha sempre un grande impatto. Chiaramente affronto le tematiche delle tre grandi opere: in “Otello” parlo dell’invidia, del perfido Iago e del femminicidio. Sono temi sempre tristemente attuali. Shakespeare è l’autore più rappresentato al mondo perché parla di argomenti che ci riguardano sempre tutti.

“Il mercante di Venezia” è in scena l’8 ottobre. Qui parliamo del grandissimo dilemma che grava sul personaggio di Shylock: ha torto o ragione a pretendere quella libbra di carne? Quindi il tema riguarda etica e giustizia. Infine, il 9 ottobre presentiamo “Amleto”, dove ci domandiamo se valga la pena agire o non agire. “Essere o non essere” diventa “fare o non fare”, “vendicare o non vendicare”.

In “Otello” tutto è basato sull’immaginazione più che sulla vera storia del Moro di Venezia e sulla sua gelosia. Giusto?

In un certo senso sì. Noi siamo molto fedeli al testo e al plot, però lasciamo anche grande spazio all’immaginazione. E’ una cosa che faceva anche Shakespeare quando chiedeva agli spettatori di immaginare scenografie, campi di battaglia, circostanze e atmosfere. Noi quindi abbiamo la potenza evocativa dell’immaginazione e portiamo il pubblico a visualizzare i dettagli della storia. In passato facevo un esercizio con Massimo Castri, il più grande uomo di teatro con cui abbia avuto la fortuna di lavorare, un vero e proprio maestro di regia: in fase di prova, Castri ci diceva spesso di concentrarci sui momenti in cui il personaggio era fuori scena, perché lì scatta l’inventiva dell’attore. Lui sa cosa accade quando è sul palco, ma quando è fuori c’è una traccia. Inventiamo tutto il resto e creiamo dei mondi bellissimi, una volta che ci addentriamo all’interno dell’ignoto.

Venendo a “Il mercante di Venezia”: perché Shylock è una vittima di se stesso?

Da un certo punto di vista, lo è anche della società. Per rispondere alla tua domanda, è così perché continua a voler ottenere qualcosa che gli procurerà un danno: la perdita della vita di Antonio. Shylock si comporta in un certo modo perché dice di aver subito angherie da parte dei cristiani per tutta la vita, ma finalmente arriva per lui il momento della rivalsa. La sua vendetta, però, gli si ritorcerà contro. Per questo motivo è vittima di se stesso, ma anche di una falsa e finta giustizia, perché alla fine Shylock perderà un processo contro un giudice che non è un giudice.

Riguardo ad “Amleto”, perché l’immobilismo può essere più pericoloso dell’azione?

Perché talvolta non prendere una posizione di fronte a un’ ingiustizia, a lungo andare, crea molti più danni che prenderla. Quest’atteggiamento e le sue conseguenze si ripetono da sempre, anche oggi.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Foto di Alessandro Villa
  • Si ringrazia Cristiana Ferrari per la collaborazione
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