MONICA PARIANTE, “FERMENTI LATTICI”

Dopo il ritrovamento di un cadavere sul palcoscenico di uno sfarzoso teatro, le prove de La nona nota, criptico dramma di un’autrice norvegese, vengono spostate in una fatiscente saletta di servizio. Lì si rincontreranno, dopo otto anni di separazione, dovuta alla rottura della loro turbolenta storia d’amore, Leda De Marco, regista d’impegno e attivista omosessuale dal carattere poco diplomatico e Caterina Martinelli Stevens, nota star di fiction televisive che ha sempre nascosto la loro relazione.

Fermenti lattici è in scena presso il salone di Pacta dei Teatri di Milano dal 15 al 19 dicembre. Lo spettacolo è stato scritto da Giovanna Biraghi, Ester Palma e Monica Pariante, che ha anche diretto la pièce ed è protagonista in scena con Tiziana Avarista, Valentina Ferrari, Stefania Colangelo e Maria Sofia Palmieri.

Intervista a Monica Pariante

Siamo di fronte più a un giallo o a una commedia?

Siamo di fronte a una commedia. C’è un piccolo sfondo giallo e parliamo di metateatro: un teatro nel teatro. E’ una compagnia di attrici con regista che si riunisce per allestire il dramma di un’autrice norvegese molto criptica. In realtà sono un po’ criptici anche i rapporti tra le convenute, nel senso che Leda De Marco, la regista che interpreto io, ha un sospeso con Caterina Martinelli Stevens, attrice teatrale prestata alle fiction televisive diventata famosa. Tra loro c’è stata una grande e turbolenta storia d’amore nel passato, funestata da due atteggiamenti completamente diversi: Caterina, essendo diventata molto popolare, aveva un po’ la paranoia che questa cosa venisse fuori; invece Leda manifestava sui carri al gay pride.

Una è un’attivista dura e pura, incasinata e piena di impicci, mentre quella che portava i soldi a casa era l’altra grazie al prodotto televisivo. Questa relazione è stata turbolentissima, finché si rincontrano sul palco di un festival immaginario di un luogo altrettanto immaginario, Selva Romano, un paesello dove un assessore sta organizzando un festival di prosa contemporanea. Insieme a loro c’è Filomena Caracciolo, detta Phyllis, l’adattatrice del testo, che ha avuto una vicenda drammatica personale: si è separata a sorpresa dal marito. Nell’adattare questo testo già abbastanza strambo che parla dell’amore funestato dal sociale di due donne nell’Ottocento, ci mette del suo, quindi lo rende ancora più intrecciato e complicato.

Stefania Colangelo interpreta Filomena, mentre Tiziana Avarista ha il ruolo di Caterina Martinelli Stevens. Poi abbiamo Valentina Ferrari, che impersona Sara, un’attrice dall’oscuro passato e dalle vicende poco chiare, che piomba a teatro dal nulla e ci rivelerà poi alcune cose. A completare il cast c’è Maria Sofia Palmieri, mia nipote Elettra, una stunt-girl superatletica e innamorata dei pericoli, che viene costretta a mollare temporaneamente il proprio lavoro per fare da aiuto regista alla zia, cosa che non sa fare minimamente. Per di più le prove di questo dramma vengono spostate in una saletta fatiscente per un motivo che innesta la linea del giallo. Il tutto si complica per una serie di circostanze, finché non si svilupperà il testo. Noi abbiamo delle vere e proprie prove a tavolino, che sono molto divertenti. Si arriverà a un’escalation della storia e anche i rapporti personali dei personaggi andranno chiarendosi man mano.

E’ uno spettacolo tutto al femminile. Come mai gli uomini non hanno trovato posto?

Questo non accadrà mai più, nel senso che io volevo parlare dell’amicizia delle donne, un argomento sempre un po’ vituperato. Io credo che anche le donne forti possano avere un’amicizia. Si amano, si vogliono bene e riescono anche a creare valore. Questa era una cosa che ci piaceva sottolineare. Probabilmente è per questo che il cast è tutto al femminile.

Che cosa nascondono i personaggi? Ognuno ha un segreto e uno scheletro nell’armadio?

Sì. Questa è una bella domanda, perché gli scheletri nell’armadio sono parecchi. Ognuna ha una facciata e un nucleo forse un po’ imprevedibile: Caterina è una donna che sembra molto sicura di sé. E’ molto famosa, ma ha un io molto fragile e combattuto. Noi ne parliamo ridendo, però ci piacerebbe che questo facesse anche un po’ riflettere. Leda, invece, che sembra piena di impicci mentali, ha un punto fermo, anche se lo nasconde. Ce l’ha e vuole arrivarci. Ha poi il desiderio di sfrondare tutta la propria carriera da un po’ di spazzatura e arrivare a fare delle cose scevre da compromessi.

Phyllis non giudica e questo è un aspetto del personaggio che mi piace. Sara, invece, vuole riprendersi la propria vita, che ha perso per una serie di motivi compresa la sua ingenuità. Ha creduto a cose che invece erano delle fesserie. Quando si ritrova in questa piccola saletta dove sta cercando una cosa che sta nella sala grande, viene fagocitata dal mondo artistico del teatro. Elettra è forse il personaggio più dichiaratamente strafottente. Però, poi, si lascia coinvolgere da tutto il casino che precede l’allestimento dello spettacolo e collabora.

A chi ti sei ispirata per scrivere il testo?

A nessuno. Volevamo fare una pièce comica dove si parlasse di amicizia e di amori tra donne, di coming out, di diritti civili. Con la sconfitta del ddl Zan, io personalmente non ho goduto a vedere i brindisi su quest’inciviltà probabilmente solo italiana. A un certo momento abbiamo detto di fare una cosa in cui si rideva, si scherzava e si cazzeggiava, però abbiamo voluto dire qualcosa che ci facesse anche pensare e riflettere. Gli amori sono tutti uguali e possono essere funestati dalle circostanze. Noi cerchiamo forse di far capire che l’amore è amore.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Giulia Colombo per la collaborazione
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