Questa lettera sul pagliaccio morto è la storia di una macchinista che investe con il suo treno un pagliaccio su un monociclo, che cammina contromano sui binari. Figlio senza più madre, passato il tempo che lo ha reso uomo, lascia la carovana e trova casa nell’unico altro luogo dove un uomo senza casa e senza patria può vivere: il circo.
Questa lettera sul pagliaccio morto è in scena al Teatro i di Milano fino all’8 maggio. Il testo è di Davide Pascarella che ha anche firmato la regia. Ne è unica protagonista Eva Meskhi.
A tu per tu con Davide Pascarella
Di che cosa è metafora il pagliaccio?
In realtà è una persona. Dopo aver vissuto in un campo rom da giovane, in una carovana nell’est europeo, si è trovato di fronte a una scelta. Gli è capitato di lasciare la comitiva e di finire in un circo dove c’era bisogno di qualcuno che facesse il pagliaccio.
Che cosa rappresenta il circo per il clown?
E’ l’unico luogo che ha saputo e potuto accoglierlo. Non che lui abbia tentato di farsi ospitare altrove. E’ semplicemente il territorio che lo ha ricevuto. Ha la stessa valenza di posto magico ma anche intriso di un dolore speciale che può avere il teatro per un attore. Almeno io ho cercato di usare quel parallelismo, per tentare di restituire la magia di un luogo dove si lavora, dove tutte le serie c’è anche l’incanto per chi arriva.
Che cosa emerge dal racconto della sua vita?
Un’esistenza speciale fatta di cose piccole e grandi, di storie con la “s” minuscola e maiuscola. Tutto questo carico di cose, il cumulo e la condensa di una vita intera vengono lasciati alla macchinista che lo soccorre, la vera depositaria di un cambiamento ormai innescato e che non può più cessare di esistere.
Che cosa vuole esprimere la lettera per i superiori?
E’ un tentativo ancora non lucido da parte della macchinista di mettere ordine dentro di sé rispetto a quello che è successo, da parte di una persona che con un lavoro umile come quello che fa, probabilmente non è mai stata capace di verbalizzare. Proprio quest’esercizio di espressione – che forse avviene solo dentro di sé e che non sappiamo nemmeno se esiste – la porta a poter concepire adesso ciò che lei sentiva soltanto. Diventa quindi l’innesco di qualcosa di più grande, di una rivoluzione personale che non ha più motivo di non esistere.
- Intervista di Andrea Simone
- Foto in evidenza di Guido Mencari
- Si ringrazia Maria Gabriella Mansi per la collaborazione
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