LORENZO PICCOLO, “LE GATTOPARDE”

Il Gattopardo è un monumento italiano. Il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e il film di Luchino Visconti sono parte del nostro immaginario, una grande icona nazional-popolare. E’ il racconto grandioso e decadente di un Paese che non cambia, che non si solleva dalla corruzione, che però continua ad andare avanti. E al tempo stesso è anche un viaggio personale, il tentativo di cristallizzare memorie altrimenti perdute e dare ragione ai vinti.

Le Nina’s Drag Queens, ovvero Alessio Calciolari, Gianluca Di Lauro, Sax Nicosia, Lorenzo Piccolo e Ulisse Romanò (che ha firmato la regia), portano in scena con una drammaturgia collettiva Le Gattoparde al Teatro Carcano di Milano fino al 24 ottobre.

La parola a Lorenzo Piccolo

Come hai fatto tu che sei l’autore a far diventare comico un testo serio come “Il Gattopardo”?

In realtà Tomasi di Lampedusa aveva un senso dell’umorismo molto spiccato. Nella tradizione, per via del film, tutto è rimasto cristallizzato in una questione etica, in un determinato tipo di mondo e di Italia. Ci sono molti aspetti non comici ma di sicuro umoristici, dunque non è un tradimento dello spirito. E’ un umorismo molto amaro e riflessivo, che però c’è.

Qual è l’oggetto preesistente de “Le Gattoparde”?

Anche se lo spettacolo non è un adattamento del romanzo, siamo partiti da un aspetto molto forte nell’immaginario collettivo italiano: sia nel romanzo che nel film c’è l’idea di un’Italia grandiosa che però si sta sgretolando. Inoltre c’è la retorica del cambiamento: sono pochissime cose che restano in testa grazie alle letture liceali che possiamo aver fatto, se non lo abbiamo studiato successivamente o se non abbiamo visto il film. La complessità di entrambe le opere non rimane. Resta solo l’immagine di Claudia Cardinale che balla vestita di bianco e l’idea che “se tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Nessuno ricorda mai la frase con le parole corrette, quindi noi giochiamo su questo. Abbiamo costruito una festa nella quale si muovono forze del cambiamento, alcune sincere, altre no.

Quanto rivedi nell’Italia di oggi rispetto a quella di 150 anni fa dipinta da Tomasi di Lampedusa nel romanzo?

Il percorso è a cannocchiale, nel senso che il libro non è stato scritto nel Risorgimento ma nell’Italia del dopoguerra. Quindi l’operazione di guardare indietro era già stata fatta, amplificata dal fatto che noi guardiamo ai nostri anni Sessanta. C’è dunque anche il desiderio di eversione da questa ciclicità.

C’è un altro grande classico che vi piacerebbe portare in scena?

Abbiamo diverse idee: Molière, Lorca, Shakespeare e altri. Vedremo.

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