Lorenzo Piccolo, “Vedi alla voce Alma”

Torna a calcare il palcoscenico milanese una produzione Nina’s Drag Queens. Questa volta però si tratta di un monologo: in scena troviamo solo una delle Nina’s: Lorenzo Piccolo, che oltre a esserne l’unico protagonista, ha firmato anche la drammaturgia dello spettacolo Vedi alla voce Alma, con la regia di Alessio Calciolari.

Dal 10 al 13 febbraio al Teatro Litta di Milano, Lorenzo Piccolo porta in scena una figura femminile, fra tragedia e farsa, tenuta in vita da un filo sottile, quello del telefono. Un monologo che gioca con elementi drag queen per raccontare un intreccio di storie di ultimi addii con ironia e passione, tra arte e amore, creazione e solitudine.

Intervista a Lorenzo Piccolo

Lorenzo, vuoi raccontarci brevemente la trama dello spettacolo, spiegandoci in maniera un po’ più approfondita chi è Alma?

Certo! Il monologo intreccia due storie: una è quella de “La voce umana” di Jean Cocteau. E’ la vicenda di una donna senza identità che nel testo si chiama semplicemente “Elle”, “Lei”. Elle riceve una telefonata straziante in cui viene lasciata dall’amante. Però c’è dell’altro…

Infatti. Questo monologo prende spunto da un’opera musicata e da un fatto di cronaca. Cos’ è successo veramente?

L’opera musicata è la versione lirica de “La voce umana”, realizzata nel 1960 da Francis Poulenc, che è stata un grande successo. Il fatto di cronaca riguarda Oscar Kokoschka, un pittore della Vienna dei primi del Novecento, esponente dell’espressionismo e del gruppo di artisti “Il cavaliere azzurro”. Quando conosce la vedova di Gustav Mahler, Alma, destinata a essere la musa di moltissimi artisti del Novecento, se ne innamora perdutamente e i due hanno un relazione. La storia va molto bene fino a quando, due anni dopo, l’amore finisce. Lei lo lascia, lui parte per la guerra e quando torna scopre che si è già risposata con l’architetto Walter Gropius e che continua a fare la musa per altri.

A quel punto Kokoschka decide di far costruire una bambola di Alma a grandezza naturale, facendola vivere proprio come se fosse la sua compagna: la porta quindi all’opera e in carrozza. Siamo dunque a metà strada tra l’ossessione e le stranezze di un’artista. Ne consegue un risvolto di cronaca nera che tratteggio solo a grandi linee: lui risolve la relazione con la bambola in un modo tale che la polizia è costretta a intervenire…

Che tipo di contrasto nasce tra la donna di Cocteau e la tua?

La donna di Cocteau è una vittima mediocre. Il poeta infatti punta molto sulla sua sofferenza ma allo stesso tempo non vuole che lei abbia “guizzi”. Alma Mahler è invece un’eroina di fatto. E lo è perché ha deciso di fare la musa per trovare un proprio posto e un proprio ruolo. E’ quindi una donna autonoma e vincente rispetto agli uomini che cercavano costantemente di amarla riducendola a un oggetto, come faceva Kokoschka con la bambola. Lei però riusciva a smarcarsi. Rimane comunque un esempio luminoso perché la sua vicenda con Kokoschka rappresenta due lati: quello della bambola e quindi Alma come oggetto; poi c’è Alma come musa, cioè l’ideale.

Com’è nata l’idea del titolo, Vedi alla voce Alma, molto curioso e originale?

E’ molto semplice: nasce dall’unione tra “La voce umana” di Cocteau – quindi dalla parola “voce” – e la ricerca “Vedi alla voce Alma”: un invito a scoprire chi è Alma Mahler, quello cioè che io faccio al pubblico!

  • Intervista di Andrea Simone
  • Foto di scena in evidenza di Valentina Bianchi
  • Si ringrazia Alessandra Paoli per la collaborazione
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