Debutta in anteprima nazionale al Teatro Out Off di Milano dove sarà in scena dal 4 al 6 ottobre Hard to be Pinocchio, del regista e scenografo Simone Mannino. Si tratta di una rilettura visionaria in tre atti che ribalta la tradizionale prospettiva dell’opera collodiana tra le più celebri e rappresentate al mondo.
Ne sono protagonisti Paolo Mannina, Simona Malato, Ada Giallongo, Valeria Sara Lo Bue, Jesse Gagliardi e Claudio Pecoraino.
Parla Simone Mannino
“Che peso ha avuto nello spettacolo il mancato golpe di Istanbul del luglio 2016?”
“Ha avuto un peso rispetto al lavoro, nel senso che è stato annullato perché è stato rimosso dall’incarico il direttore artistico con il quale stavo lavorando. Quindi è stato uno sconvolgimento di tutto l’assetto sia politico che culturale della città. “
“Come viene trasformato il mito di Pinocchio?”
“Il mito di Pinocchio ha una trasformazione radicale, nel senso che Pinocchio è un mito tragico quando diventa anche epico. Non esiste, non c’è, è nella mente del padre, è una sua allucinazione, così come tutti i personaggi che lo circondano. Quindi è una trasfigurazione nel rapporto tra padre e figlio.”
“In questo spettacolo è molto importante la figura del padre, giusto?”
“Il padre è creatore. In “Pinocchio” noi abbiamo focalizzato l’attenzione sulla figura del padre perché a me interessava indagare il padre come creatore. In qualche maniera è anche un padre che sostituisce o si sostituisce al ruolo materno. In questo senso, via via che il lavoro andava avanti, abbiamo scoperto che in realtà Collodi è dentro alla figura di Geppetto. Lo scrittore Collodi diventa in qualche maniera anche Geppetto e Pinocchio è il soggetto e la creatura dove focalizzano entrambi il potere dell’immaginazione. E’ una specie di trittico in cui in un unico personaggio convergono Carlo Collodi, Geppetto e Pinocchio nel finale.”
“Quali sono le illusioni esistenziali da cui è caratterizzato il testo?”
“Nel testo c’è una domanda molto frequente. C’è un dialogo interiore tra Geppetto e suo figlio, che non c’è, che non è tangibile se non nella sua testa e nella sua immaginazione. Ci sono domande sull’identità: chi sono io? Chi sei tu? Dove sei nato? Come si chiama tuo padre? Come si chiama tua madre? Lavorando dentro Collodi e dentro al testo di Pinocchio, è stata forte l’esigenza di ridurre all’osso il testo, perché siamo partiti da un grande copione e via via ho sentito l’esigenza forte di una riduzione delle parole, controbilanciando però l’aspetto visivo del racconto e della fiaba. Quindi l’esistenzialismo per me diventa una ricerca sull’identità.”
(intervista e riprese video di Andrea Simone)