LA TRAGICA STORIA DI PIRAMO E TISBE SECONDO RENATO SARTI

Quando si parla di comicità, spesso ci si dimentica del contributo fondamentale – per intelligenza e ironia – apportato da attrici del calibro di Franca Valeri, Franca Rame, Ave Ninchi e Tina Pica. Le tre scene degli artigiani che rappresentano la tragedia di Piramo e Tisbe durante le nozze dei signori nel Sogno di una notte di mezz’estate sono un appuntamento costante del teatro comico. Tanto più i maldestri interpreti della sgangherata compagnia cercano di essere tragici e di commuovere il pubblico, quanto più è esilarante il risultato ottenuto. Renato Sarti porta in scena al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 19 maggio uno spettacolo da lui scritto e diretto: La molto tragica storia di Piramo e Tisbe che muoiono per amore. Ne sono protagonisti Federica Fabiani, Milvys Lopez Homen, Marta Marangoni, Rossana Mola, Elena Novoselova e Rufin Doh Zéyénouin.

Quattro domande a Renato Sarti

“Per questo tuo spettacolo hai voluto, per una parte del cast, degli attori stranieri e non professionisti. A che cosa è dovuta questa scelta?”

Perché credo che come paese siamo molto indietro. Quando viene Peter Brooke in Italia, da sempre porta attori stranieri, africani, giapponesi, orientali e italiani. Noi invece siamo ancora in questa paludosa situazione per cui non trovano ancora spazio all’interno delle nostre compagnie attori stranieri che hanno una buona preparazione. Elena Novoselova è un’attrice russa; Milvys Lopez Homen è cubana; Rufin Doh Zéyénouin viene dalla Costa d’Avorio e ha una preparazione di sette anni di una scuola fatta in Russia. Sanno ballare, cantare, muoversi e parlano un italiano straordinario. E’ anche per dare un messaggio ai ragazzi secondo cui chi arriva dai paesi stranieri non è costretto a prendere la strada delle impalcature, dei cantieri edili o delle pulizie. Hanno cultura e preparazione. Rufin conosce parole in milanese che noi non sappiamo.

“E’ stata una scelta che ti ha portato delle critiche?”

No, al contrario. La risposta più straordinaria è quella del pubblico che vede lo spettacolo, applaude e ride. Una volta ho fatto uno spettacolo con una compagnia di sei attori stranieri che è stato molto apprezzato. Purtroppo le risorse e le situazioni non ci hanno permesso di avere una compagnia fissa. Però con questa compagnia riesco a lavorare e mi trovo bene. Gli attori sono capaci, gentili, bravi, preparati. Questa tradizione va avanti e spero che si allarghi anche ad altre compagnie e ad altre realtà.

“Quanto può essere grande per alcuni attori la difficoltà di far finta di essere dei dilettanti?”

Non è un passaggio facile. Fare lo stupido è la cosa più difficile. In questo caso devono interpretare dei ruoli per cui fanno parte di una compagnia sgangherata di artisti dilettanti e quindi devono sembrare degli improvvisati. Fare il dilettante e l’incapace senza sconfinare nella macchietta è una delle cose più difficili da fare in teatro. Per fortuna l’impalcatura che ha costruito William Shakespeare è straordinaria e già lì ci sono alcune indicazioni sulle quali noi ci siamo basati.

Poi siamo partiti alla grande, nel senso che lo spettacolo nasce dalle scene dei comici e degli artigiani del “Sogno di una notte di mezz’estate” ma poi ha una dimensione propria. Dura un’ora e mezza. Se le scene dei comici duravano mezz’ora, era tanto. Gli stessi attori affermano che loro volevano far piangere, ma purtroppo per alcune compagnie questo sortisce l’effetto opposto perché non sono capaci. Tutto nasce da uno spettacolo che avevo fatto con il Teatro dell’Elfo nel 1982 e ho scoperto che si può far ridere partendo dal presupposto principale di Shakespeare, ma procedendo poi in libertà.

“Dove sta la comicità in questo spettacolo?”

La comicità sta nei tempi e nelle battute degli attori che abbiamo improvvisato, scritto e preso. L’esempio classico è la morte di Bottom, che muore sei volte. Questo fa molto ridere e lui lo fa perché pensa che così lo spettacolo sia più tragico. In realtà dopo la seconda o la terza volta, la gente si sbellica dalle risate. E’ la tragedia che si trasforma in commedia. Il dilettantismo si coniuga con l’esagerazione, con il pensare di fare di più. In realtà sappiamo che il teatro tragico è fatto di sottigliezze e di piccole cose. Invece loro esagerano dalla parte opposta.