“PORCILE”: 4 DOMANDE A FRANCESCO BORCHI

Fino al 12 febbraio il Teatro Menotti di Milano propone in prima milanese Porcile di Pier Paolo Pasolini. La regia dello spettacolo è di Valerio Binasco e ne sono protagonisti Mauro Malinverno, Valentina Banci, Francesco Borchi, Cecilia Langone, Franco Ravera, Fulvio Cauteruccio, Fabio Mascagni e Pietro D’Elia. Si tratta di una produzione del Teatro Metastasio Stabile della Toscana, in collaborazione con il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e il Festival dei Due Mondi di Spoleto.

Il male di vivere

Porcile è un dramma in 11 episodi che Pier Paolo Pasolini ha scritto nel 1966. Nel 1969 lo ha trasposto nel film omonimo per raccontare l’impossibilità di vivere secondo le proprie coordinate e i propri istinti, preservando l’intima natura di se stessi dal mondo cannibale. La trama si sviluppa nella Germania del dopo nazismo, nel momento in cui la borghesia con il suo modo globalizzante di intendere la democrazia ha preso il Potere e lo gestisce. Julian, figlio né ubbidiente né disubbidiente di una coppia della borghesia tedesca, trova nel porcile paterno un amore diverso e non naturale, che tuttavia lui riconosce come scintille di vita pura. La passione misteriosa che segna il suo personaggio fin dall’ingresso diviene simbolo del disagio di chi non si riconosce nella società coeva e si rifugia in qualcosa di istintuale ma segreto.

Teatro.Online ha intervistato Francesco Borchi, protagonista dello spettacolo.

La parola a Francesco Borchi

“Questa è una commedia quasi normale, con dei tratti molto naif e borghesi, ma allo stesso tempo è permeata di una grande profondità psicologica. E’ così?”

“Sì, è così. Le profondità psicologiche sono enormi. Infatti sono proprio queste che il regista Valerio Binasco ed io siamo andati a cogliere. Il nostro obiettivo era quello di tirare fuori un dramma borghese e il problema di un ragazzo che ha un turbamento sessuale, che è la sua ossessione. E’ fonte di autodisgusto ma allo stesso tempo anche di liberazione, di bellezza e di purezza. Attraverso questo grande mistero si sviluppano le varie tematiche: lo sfondo politico e la Germania post nazismo”.

“In che senso ci troviamo di fronte a dei personaggi sporchi?”

“Ci troviamo di fronte a dei personaggi sporchi perché innanzitutto si pensa che il personaggio sporco sia quello misterioso, cioè quello di Julian, che dentro di sé porta questo grande mistero. Tranne la giovane Ida, che è la sua compagna, una sorta di Ofelia moderna portatrice di luce e di primavera in un buio che non vuole luce, le figure che gli stanno intorno sono tutte mostruose e nere. E lo sono molto di più di quella di Julian, che alla fine sarà la vittima di tutta questa vicenda”.

“Perché Porcile non fa prigionieri e condanna tutti, dal primo all’ultimo?”

“Perché crea enormi spunti e permette a tutti di riflettere molto. L’unica vittima è Julian, quindi è la sua natura a condannarlo. Nella sua felicità, nella sua purezza e nella sua gioia, nel Porcile, lui trova anche la propria fine. I suoi genitori fanno parte di un mondo che ormai sta decadendo, quello cioè dei grandi produttori, a favore invece di una borghesia nascente, che è mostruosa perché ha cambiato faccia e schiaccia tutti senza guardare in faccia nessuno. I genitori di Julian, non volendo comprendere e tentando di nascondere questo segreto orribile e scandaloso per loro, non fanno che condannarlo”.

“Quanto è importante il contesto storico?”

“E’ molto importante. Ovviamente Valerio Binasco ha voluto tenerlo un po’ in secondo piano. Si respira la Germania post nazista che è evidente nella figura dei genitori, però questo è un dramma che può essere assolutamente contemporaneo, è attualissimo”.