A volte basta una parola a cambiare una vita intera. “Operaia”, per esempio. Francesca e Maria sono cresciute insieme alla periferia di Roma e insieme hanno condiviso sogni e speranze: Francesca vuole diventare veterinaria, Maria desidera continuare a studiare. Sono i padri, però, a decidere per loro: la prima studierà legge, l’altra andrà a lavorare in fabbrica.
Libertà e dignità
Nell’Italia del 1969, quella dell’autunno caldo degli scioperi che sfocerà nella strage di Piazza Fontana, scopriamo la vita di Maria e delle altre operaie. La ragazza, da timida e impacciata, si trasforma in combattente coraggiosa in un contesto storico che qui viene raccontato non secondo lo stereotipo degli anni di piombo, ma indagando percorsi di libertà e di dignità che sfiorano tuttora il nostro grigio presente. Dita di dama, tratto dal romanzo di Chiara Ingrao, è in scena al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 27 maggio. L’adattamento e la regia sono stati curati da Massimiliano Loizzi e Laura Pozone, protagonista da sola in scena.
La parola a Laura Pozone
“Perché la vita di Maria e delle altre operaie è sempre in bilico tra il comico e il drammatico?”
Perché nel romanzo stesso da cui è tratto lo spettacolo c’è una fortissima autoironia. Ci sono situazioni buffe e le colleghe di Maria sono personaggi divertenti. Sono persone vere e veraci della periferia romana. In quegli anni c’era una grande gioia, che viene rappresentata nel romanzo e nel mio monologo. Sono stati anni di lotte, ma anche di felicità, conquiste, diritti e divertimento. La stessa Chiara Ingrao sottolinea sempre che anche durante gli scioperi e le manifestazioni si rideva, perché quelli non erano solo anni di piombo.
“Nello spettacolo viene raccontata in modo diverso l’Italia di fine Anni Sessanta?”
L’autrice ci teneva moltissimo a non raccontare gli anni di piombo e il Sessantotto, che hanno portato alle bombe e al terrorismo. Come sottolinea lei – e io sono perfettamente d’accordo – in caso contario si mettono in primo piano i terroristi. E non è così. Viene raccontato un altro aspetto: il 1969 operaio, fatto di conquiste e di lotte che hanno portato tanti benefici, frutto delle battaglie di donne e uomini scesi in piazza a combattere in prima persona.
“Quindi proponete anche un confronto, magari tra le righe, con l’Italia di oggi?”
Sì. Massimiliano Loizzi, il suo stile pungente ed io abbiamo inventato la figura di una narratrice che nel romanzo non c’è. La sua identità si scopre alla fine e ha la funzione di rapportare a oggi il tutto.
“Il cambiamento di Maria comporterà per lei un prezzo da pagare?”
In termini di vita personale un po’ sì. Quando c’è un cambiamento, bisogna inevitabilmente affrontare qualcosa, così come quando ci si trova di fronte a una scelta di vita. Per saperne di più, non resta che leggere il libro o venire a vedere lo spettacolo. Anzi, ancora meglio: entrambe le cose!