“LE PRENOM”: INTERVISTA AD ALDO OTTOBRINO

Debutta il 1° marzo al Teatro Carcano di Milano dove rimarrà in scena fino a domenica 12 , Le prénom di Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière. La versione italiana è stata curata da Fausto Paravidino ed è diretta da Antonio Zavatteri. Ne sono protagonisti Alessia Giuliani, Alberto Giusta, Davide Lorino, Aldo Ottobrino e Gisella Szaniszlò.

Il ritratto di una generazione

Tutto avviene in una serata conviviale a casa di due professori. Lei insegna al liceo, lui all’università. Entrambi sono dichiaratamente di sinistra. Fanno parte della compagnia il fratello di lei che fa l’agente immobiliare e la fidanzata, in ritardo a causa di un appuntamento con dei giapponesi. In più si aggiunge un amico single, trombonista in un’orchestra sinfonica, sul quale girano insistenti voci di omosessualità. Il fratello dà la grande notizia: sta per diventare padre. Seguono le congratulazioni e gli abbracci di rito. Ma quando il futuro papà comunica il nome scelto nel caso nasca un maschio, in sala piomba il gelo. Il nome ricorda infatti tremende tragedie legate alla storia.

 

La parola ad Aldo Ottobrino

Teatro.Online ha intervistato Aldo Ottobrino, protagonista dello spettacolo.

“E’ giusto definire questo spettacolo un ritratto generazionale?”

“Sì, perché l’età degli interpreti e dei personaggi rientra nella generazione dei quarantenni. Effettivamente è proprio il ritratto di quel tipo di generazione. Sono liberi professionisti, insegnanti e c’è una donna che lavora nella moda. In qualche modo ognuno vive questo momento generazionale con un po’ di difficoltà, come si vede nello spettacolo. Apparentemente sembra che tutto proceda molto bene. In realtà basta un piccolo detonatore per far diventare la situazione esplosiva. Escono fuori tutte le cose non dette, le frustrazioni, i vecchi rancori e le insoddisfazioni della vita, che gli uni riversano addosso agli altri”.

“Quanto è importante la politica ai fini del successo della commedia?”

“In questo caso ci sono due fazioni contrapposte: Pierre, il padrone di casa, è un professore di centrosinistra che insegna letteratura alla Sorbona. Vincent, quello che interpreto io, ha un’agenzia immobiliare, è un uomo che si è fatto da solo e ha delle idee politiche che si rifanno al centrodestra. Nella pièce questo aspetto è molto importante, perché nessuno sta dalla parte giusta. Tutti e due sono fortemente in contraddizione e a tratti hanno entrambi profondamente ragione”.

“Vengono anche fuori segreti da nascondere e scheletri nell’armadio?”

“Tantissimi! Si parte piano piano e via via diventano medio-grandi e poi enormi. Sembra incredibile che persone che si frequentano da quando sono ragazzini – e addirittura il mio personaggio ed Elisabette sono fratello e sorella – non si conoscano in realtà mai abbastanza e abbiano tra di loro dei segreti enormi mai rivelati”.

“Può anche essere il gusto della provocazione a dare in questo caso una quinta marcia alla satira?”

“Sicuramente. Nel mio personaggio questo aspetto è fortissimo. Cerca continuamente di provocare, di far vedere l’altra faccia della medaglia, di curiosare dove sa che c’è del tenero. Però credo che in questo momento che viviamo sia sacrosanto avere voglia di andare a toccare dei tasti che solitamente non si toccano. Pensoche in generale un po’ di provocazione faccia benissimo. In teatro in particolare la ritengo fondamentale”.