Quasi una serata è una riflessione sul rapporto irriverente tra l’essere umano e il mistero dell’esistenza. Dalla penna di Ethan Coen (già acclamato regista cinematografico) nascono situazioni esilaranti e surreali, dove è il divino ad essere a nostra immagine e somiglianza e non viceversa.
Quasi una serata è in scena al Teatro Leonardo di Milano fino al 26 marzo. Lo spettacolo è diretto da Davide Marranchelli, che ne è anche protagonista con Stefano Annoni, Paui Galli e Simone Severgnini.
Quattro domande a Davide Marranchelli, Simone Severgnini e Paui Galli
Che rapporto c’è tra l’essere umano e il mistero dell’esistenza?
Davide Marranchelli: E’ un rapporto complicatissimo. E’ quello che ci chiediamo da quando è nato il teatro. L’uomo si trova davanti a delle domande senza risposta e credo che questa sia proprio la prima domanda a cui prova a rispondere il teatro. Questo testo di Coen amplifica questi quesiti giganteschi: chi Dio? E’ buono? E’ cattivo? Chi siamo noi? Siamo piccoli o grandi? Siamo infiniti o finiti? E’ quindi un rapporto dialettico che nasce con l’essere umano e che credo non finirà mai.
In che cosa sono esilaranti e surreali le situazioni che nascono in questo spettacolo?
Simone Severgnini: In questo testo ad esempio vengono un po’ ribaltati i canoni rispetto a Dio. E’ molto più Dio che viene messo in scena. Come da tradizione è uno e trino, mentre in questo caso si sdoppia: viene portato in scena in due parti e qui Dio assomiglia molto di più a noi esseri umani e le attese infinite di questi inferni sono vicine a noi. L’inferno diventa una sala d’attesa dell’INPS o dell’agenzia delle entrate, dove passiamo da un commesso a un altro, da un modulo a un altro, creando un’attesa che si prolunga all’infinito.
Davide Marranchelli: C’è anche un inferno in terra: le relazioni. Si va dallo strato zero fino al centesimo piano.
Simone Severgnini: Lo stesso Coen intitola addirittura il terzo testo Dibattito e quindi ci permette nel surrealismo di questo lavoro di aprire anche al pubblico. C’è anche un momento in cui facciamo qualche domanda anche agli spettatori.
E’ un genere che si rifà al teatro dell’assurdo?
Paui Galli: Secondo me verrebbe da dire di sì, ma in realtà no. C’è veramente tanto dell’essere umano e se uno lo viene a vedere, non trova niente di assurdo. E’ veramente un riproporre quello che vediamo tutti i giorni, magari in maniera amplificata e brillante ma non assurda. Ci sono la vita reale e l’umanità.
Simone Severgnini: Forse è un upgrade di quello che è stato il teatro dell’assurdo, moderno e naturale.
Davide Marranchelli: Dobbiamo dire grazie a questo genere teatrale. Siamo passati da lì per arrivare qui.
Una domanda per il regista: che tipo di scatola teatrale hai costruito attorno al testo di Coen?
Davide Marranchelli: In un testo con dei temi così teatrali e profondi affrontati in maniera così leggera, ci è sembrato giusto enfatizzare il gioco e la macchina teatrale e quindi far vedere le scene, dimostrando che è tutto finto. In più abbiamo voluto mettere degli esseri viventi non più viventi: abbiamo usato degli animali imbalsamati che sono finti ma sembrano veri, proprio per enfatizzare questa finzione e questa morte messe in scene a teatro o questa vita ancora più grande che ci fa vedere le nostre vite un po’ più piccole e che il teatro dilata come una lente d’ingrandimento. C’è molta teatralità. Si vedrà che siamo a teatro.
Simone Severgnini: C’è anche un “prima”, quindi lo spettacolo non inizia con lo spettacolo, ma già con l’ingresso in sala. Speriamo che ci sia anche un “dopo”, nel senso che ci siamo anche interrogati tanto sul fatto di passare una serata a teatro e quindi su quanto sia necessario quello che accade prima e quello che succede dopo, che viene addirittura messo in scena nel testo di Coen. Speriamo che siano due momenti molto legati a Quasi una serata e che li facciano diventare una serata tutta intera.
- Intervista video di Andrea Simone
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- Si ringrazia Alessandra Paoli