Sono la Spagna più caliente, il cuore della Mancha e una strepitosa paella di carne servita a fine spettacolo i protagonisti di “Racconti di Zafferano”. Lo spettacolo di Maria Pilar Pérez Aspa al Teatro Ringhiera di Milano fino al 2 ottobre vede l’attrice alle prese con i fornelli di fronte agli spettatori.
Teatro.Online ha deciso di saperne di più proprio dall’unica attrice dello spettacolo, Maria Pilar Pérez Aspa.
“Nelle note di regia tu scrivi ‘Ho raccolto pagine di Cervantes, Proust e Montalban che parlano di cibo, fame, ritualità, le ho sparpagliate e le ho messe assieme a tante ricette sulla tavola da pranzo.’ Non hai scelto esattamente degli autori sconosciuti…”
“No, ho voluto partire proprio in grande! L’obiettivo era mettere insieme per la prima volta le mie due grandi passioni: cucina e recitazione. Mi mancava però la letteratura: cioè il modo in cui certi autori parlano del cibo. C’è una cosa geniale e molto importante che riguarda il Don Chisciotte. C’è il meraviglioso brindisi che fa dire Fernando de Rojas alla Celestina e il viaggio gastronomico-letterario che il giornalista Manuel Vicent ha fatto nel Mediterraneo”.
“In che senso col cibo non si gioca ma ci si può divertire?”
“Perché è un atto di responsabilità nei confronti della nostra salute. Ogni volta che noi mangiamo qualcosa, facciamo un atto di fiducia pensando che sarà buono. Questo perché cucinare è alla portata di tutti. Quindi il momento di pausa che ci si prende per cucinare può diventare un momento di grande divertimento”.
“Sei d’accordo nel dire che noi siamo quello che mangiamo?”
“Sì. Non soltanto siamo quello che mangiamo, ma anche il modo in cui lo cuciniamo: gli ingredienti, il tempo di cottura. Tutto quello che c’è intorno ci definisce. Sono assolutamente d’accordo”.
“E molto bella la definizione di ‘letteratura ai fornelli’ che usi per lo spettacolo. Ne vogliamo parlare?”
“Sì, perché l’importante era partire proprio dai testi per raccontare una cosa quotidiana come cucinare. Però ho dovuto anche darmi un tempo: quello della cottura. La paella ha ingredienti pronti. Bisogna però mettere in conto 50 minuti per la preparazione. Questo mi ha dato un contenitore, perché io volevo che la cottura della paella e lo spettacolo si svolgessero contemporaneamente.
La sfida è stata il raccordo tra la storia dell’alimentazione e una cosa molto vivace: quello che accade in quel pentolone quando si cuoce la paella. Uno spettacolo ha una struttura più o meno fissa, poi possono capitare degli incidenti. Invece qui l’incidente è la regola: io non riesco mai a dire un testo nella stessa durata di tempo del giorno prima. Accade sempre qualcosa di cui mi devo occupare. Come non sbagliare il sale e mettere gli ingredienti al momento giusto. Il pubblico italiano può passare sopra anche a qualche difetto nella recitazione. Se però lo fai mangiare male, non te lo perdona proprio!”