Nel mito di Omero, Penelope attende da 20 anni. Nella storia dell’umanità la sua è un’attesa che dura da sempre. Nello spettacolo diretto da Fabrizio Visconti, che la vede come unica protagonista in scena diretta dal suo coautore, quella che vediamo è però una nuova moglie di Ulisse…
L’appuntamento è in scena alla sala Cavallerizza del Teatro Litta di Milano fino al 26 febbraio. Unica protagonista in scena è Rossella Rapisarda, che ha scritto a quattro mani anche il testo insieme al regista.
La parola a Rossella Rapisarda e Fabrizio Visconti
Rossella, senza svelare troppo, ci parli della tua rivoluzionaria Penelope?
Rossella Rapisarda: Solo alla fine dello spettacolo si scoprirà la vera rivoluzione! All’inizio infatti abbiamo una Penelope in crisi, che si chiede quale sia il suo senso in un mondo che corre, dove tutti fanno e disfano, e che cosa questo serva a una persona che sta lì, ferma ad aspettare. La sua personale risposta arriverà proprio tra le ultime righe del testo, quando le succederà qualcosa di molto importante. Per quanto mi riguarda è uno spettacolo molto particolare, perché sono dentro un corpo gigantesco a cui non sono abituata e che non conosco. Parliamo infatti di un archetipo e di un mito, che però dietro alla sua parvenza ha tante fragilità ed è molto umana. E’ una Penelope che parla a tutti gli essere umani.
Fabrizio, il vostro è un lavoro scritto completamente ex novo o avete ancora attinto al mito di Omero?
Fabrizio Visconti: Ovviamente esiste il riferimento a Omero come archetipo, perché al di là di quello che è stato scritto, Penelope è diventata per tutti qualcosa di più. Siamo partiti da qui per domandarci cosa succede all’identità quando vengono tolte tutte le certezze e quando si aspetta per troppo tempo: mi riferisco nel nostro caso al ritorno alla vita dopo la pandemia, anche se nello spettacolo non ne accenniamo mai. Parliamo di quando ci vengono tolte tutte le nostre basi e le nostre abitudini. Al quel punto l’identità entra quindi in crisi. Analizziamo cosa succede a una Penelope che mette in discussione la propria identità e dunque ricomincia da zero. In questo senso c’è Omero ma c’è in realtà quell’esperienza quotidiana.
Rossella, si dice che un attore non possa essere credibile se non gli piace il personaggio che interpreta. Voi siete autori e attori acuti e sensibili. A te cosa piace particolarmente della tua Penelope?
Rossella Rapisarda: Devo dire che non è stato un incontro facile, perché da una parte siamo un po’ tutti innamorati del mito di Penelope, del suo mistero e del suo segreto in qualche modo modo molto lontano da noi. Dall’altra, però, ho dovuto andare piano piano a conoscerla, a capire quali erano i punti di contatto, ad innamorarmi dei suoi lati più lontani da me; poi è scattato qualcosa. Immagino sempre di bussare alla porta di un personaggio che lui a un certo punto apre. Da lì inizia un’amicizia. Ogni giorno sarà una scoperta nuova anche per me.
C’è un altro personaggio della Storia e del Mito che vi piacerebbe portare sul palco?
Rossella Rapisarda: Sono tanti, ma prima di tutto il personaggio che ho già portato e continuo a portare con grande amore sulla scena perché in qualche modo ha segnato la mia vita, è Nina di un testo di Cechov, “Il Gabbiano”. Grazie alle sue parole, infatti, lei è stata presente in tutti i momenti della mia vita, anche in quelli più difficili. Ogni volta lo spettacolo si è trasformato e ogni volta mi ha insegnato qualcosa. Mi ha preso a schiaffi e abbracciato quando serviva. Adesso siamo presi dall’entusiasmo perché troviamo la grande poesia anche nelle storie umane più piccole. De André diceva sempre che si innamorava di tutto.
Fabrizio Visconti: Io sinceramente ho sempre voluto fare Antigone. Bisogna trovarne una versione umana, perché come dice Rossella, mi piace che il mito si avvicini alla quotidianità. Questa nostra Odissea nasce anche da una versione di Tonino Guerra scritta tanti anni fa, dove racconta un suo percorso durante la Seconda Guerra Mondiale fatto di incontri. Anche la nostra Penelope parte un po’ dalle parole di Tonino Guerra, almeno dalla sua atmosfera.
- Intervista video di Andrea Simone
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- Si ringrazia Alessandra Paoli