Il dramma di Alcesti era chiaro agli ateniesi: si era macchiata di parricidio, e anche se il suo delitto era stato frutto di un inganno combinatole da Medea, la peliade, avendo compiuto materialmente l’omicidio, era ugualmente colpevole.
Alcesti di Euripide è in scena al Teatro Litta di Milano fino al 4 dicembre. La drammaturgia e la regia sono di Filippo Renda, che ne è anche protagonista con Beppe Salmetti, Irene Serini e Luca Oldani.
Parla Filippo Renda
Qual è il vero dramma di Alcesti?
Il vero dramma di Alcesti è che non accetta la differenza tra colpa e vergogna. Quindi lei ha compiuto un atto violento di cui però non è veramente colpevole perché è stata in qualche modo costretta a farlo, ma per la cultura greca l’atto violento in sé rimane una colpa, anche se è contro la propria volontà. Quindi lei cerca di espiare e di risolvere questa colpa.
Di che cosa era veramente colpevole Alcesti?
Alcesti ha ucciso il proprio genitore. Siamo nella saga del vello d’oro e degli Argonauti ed è la figlia di colui che ha ordinato a Giasone la ricerca del vello d’oro. Per una serie di colpe vicendevoli è stata costretta da Medea a tagliare a pezzi il proprio genitore e a infilarlo in una pentola gigante. Quindi è una colpa abbastanza pesante da sopportare.
C’è un antefatto necessario per capire il percorso della protagonista della dramma?
Certo. L’antefatto è quello della saga del vello d’oro che noi in scena cerchiamo di inserire nella drammaturgia. D’altronde Eracle è anche uno degli Argonauti come anche Admeto. Tra l’altro, è uno degli Argonauti veri, nel senso che è uno dei parenti diretti di Giasone. Quindi tutto l’antefatto è quello della ricerca del vello d’oro e del fatto che Pelia obbliga i genitori di Giasone a uccidersi fra di loro, quindi ci sono questi delitti familiari che si perpetuano per mantenere il potere su una città.
Quale sarà la condanna che il destino imporrà ad Alcesti?
La condanna sarà quella di continuare a vivere, perché lei spera con la propria morte di risolvere il proprio dramma intimo. A un certo punto c’è una battuta del coro che interpreto io, che è rivolta ad Admeto ma che riguarda un po’ tutti noi. La battuta è: tutti sbagliamo ma alcuni di noi imparano a convivere con i propri errori. Penso che questo sia uno degli aspetti più complicati del vivere, ovvero rendersi conto di avere provocato sofferenza e dolore e dover convivere con la consapevolezza che questo dolore non andrà mai a somma zero. Le cicatrici rimangono e bisogna conviverci.
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringrazia Alessandra Paoli
- Clicca QUI per iscriverti al canale Youtube di Teatro.Online e vedere tutte le nostre interviste video