Ettore Stein sta per diventare il più giovane premier mai eletto in Italia. La campagna elettorale, durante la quale ha cavalcato con piglio da navigato politico gli argomenti che colpiscono la “pancia” dell’elettorato, si è appena conclusa. Ora non resta che attendere un risultato per tutti già noto: Ettore sarà il vincitore indiscusso. Una situazione troppo perfetta per non iniziare a scricchiolare. Infatti il punto di rottura è dietro l’angolo ed è molto più inaspettato e improvviso di quanto si pensi.
Daniele Ronco è autore e protagonista dello spettacolo Il grande giorno insieme ad Elena Aimone, con la regia di Raffaele Latagliata, in scena al Teatro Filodrammatici di Milano fino al 27 maggio. La voce narrante è di Tullio Solenghi.
A tu per tu con Daniele Ronco
A chi ti sei ispirato per creare e portare sul palcoscenico il personaggio di Ettore Stein?
Principalmente a Dustin Hoffman in Kramer contro Kramer, anche se lo spirito ambizioso di Ettore Stein e la sua pulsione a essere un uomo in carriera sono molto diversi. Chi però conosce bene il film potrà accorgersi che l’inizio del mio spettacolo è molto simile a Kramer contro Kramer. Per quanto riguarda l’animo del personaggio, ho invece preso le mosse da quella parte di politica più conservatrice, integralista e miope. L’immaginario cui faccio riferimento è quello. Infine mi sono ispirato a Teorema di Pier Paolo Pasolini per il personaggio di Blad, ma lo spettacolo è un tributo a Il Pianeta Verde di Coline Serrault, che per me è il manifesto ambientale per eccellenza.
Quanto cinismo c’è in questo spettacolo?
Ce n’è parecchio! (ride) Ho cercato di scrivere il testo sotto forma di commedia, anche se in realtà non ci si sbellica dalle risate, anzi! Ho tentato di tenere a freno il più possibile la parte di me più arrabbiata con noi stessi e con la specie umana, anche non so quanto ci sia riuscito! L’intento era quello di creare una storia godibile, dove i temi a me cari, legati alla sostenibilità ambientale, fossero un po’ più sotterranei.
E’ una satira graffiante ma è anche allo stesso tempo uno specchio perfetto della situazione politica italiana che ha visto la vittoria indiscussa del centrodestra alle elezioni del 25 settembre 2022?
Assolutamente sì. Considerato che ho scritto questo spettacolo tre anni fa, è stato quasi premonitore e profetico! La pièce ha debuttato nel settembre 2020 ad Asti Teatro, ma l’ho scritta nel 2019, quando eravamo in piena epoca trumpiana, quindi si rifà più al periodo di Donald Trump.
Che valore aggiunto ha dato allo spettacolo la voce narrante di un colosso come Tullio Solenghi?
Tullio dà voce al mondo animale, un universo molto caro che però di solito una voce non ce l’ha. Ha dato quindi un grande apporto, anche perché la storia del pesce Arturo, il cartone animato proiettato in scena, ha in realtà un ruolo molto importante, che non è assolutamente un vezzo o un riempitivo. Racconta infatti una vicenda parallela dal sapore fanciullesco, ma che in realtà, ispirata alle favole di Esopo o di Gianni Rodari, scuote le coscienze in un altro modo. Segue però il percorso narrativo di Ettore Stein dicendo la sua. Ho voluto fare quest’operazione con un pesce da ampolla che per me incarna proprio l’apoteosi e un esempio chiaro del modo con cui noi strumentalizziamo il mondo animale riducendolo a un soprammobile.
- Intervista di Andrea Simone
- Foto di Matteo Nardone
- Si ringrazia Anna Defrancesco Gatti
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