Teatro Linguaggicreativi riprende la sua Stagione Ostinata 2021/2022, con lo spettacolo Il buio non è tenero della compagnia teatrale Il turno di notte, vincitore del primo bando di residenza di Accademia Teatrale Veneta nel 2020. Sul palcoscenico si affrontano tematiche essenziali come il futuro, l’importanza delle scelte e i sogni.
Esistono età in cui “hai tutta la vita davanti”. Però hai già fatto scelte importanti e i sogni devono assumere la forma di un progetto perché possano trovare spazio nella realtà.
Il buio non è tenero è uno spettacolo scritto da Tommaso Russi e Silvia Pallotti, che li vede anche protagonisti dal 4 al 6 febbraio.
La parola a Silvia Pallotti e Tommaso Russi
Sembra una domanda un po’ alla Gigi Marzullo, ma in realtà – dato il tema – è secondo me pertinente: i sogni hanno ancora spazio nel vostro spettacolo?
Silvia Pallotti: Diciamo che ci sono. La domanda che poniamo a noi stessi e al pubblico è se è un motore più potente la paura o il desiderio. I sogni sono presenti proprio nella componente del desiderio e di un’aspirazione che può essere legata alla realizzazione personale attraverso il lavoro, ma anche al senso di ricerca da dare alla propria esistenza.
Cercare di realizzare i propri sogni significa diventare adulti?
Tommaso Russi: Credo che diventare adulti significhi vedere la distanza tra i propri desideri e la realtà. Il nostro è un tipo di mondo che fa di tutto perché noi continuiamo ad alimentare un desiderio in qualche modo irraggiungibile. Rendersene conto significa diventare adulti. Per la composizione drammaturgica, ci siamo ispirati al libro “La teoria della classe disagiata” di Raffaele Alberto Ventura, dove l’autore espone la teoria del bias del sopravvissuto: nella nostra società, il cinema, la tv e le persone intorno a noi ci insegnano che uno su mille ce la fa e quell’uno su mille siamo noi. E’ chiaro però che non tutti e tutte possiamo essere così: è più probabile che siamo gli altri 999.
Perché nelle note di regia dite che il sentimento di precarietà fa parte dell’essere umano da sempre?
Silvia Pallotti: Perché esiste una componente di precarietà legata all’esistenza stessa e al fatto di non sapere cosa succederà domani. Una parte di noi ha dovuto fare i conti – a prescindere dalla propria epoca – con questa precarietà e questa incertezza. Intorno a noi vediamo però un tipo di società che se ne alimenta, se ne nutre e incentiva certe dinamiche negli ambienti lavorativi, che aumentano il grado di instabilità e insicurezza con cui abbiamo a che fare e che dobbiamo sostenere. Non è quindi un aspetto legato solo alla fragilità dell’esistenza, ma anche all’incapacità di fare progetti a lungo termine. A impedircelo sono purtroppo certi contratti di lavoro. Dobbiamo fare i conti con una grande incertezza, che in questo momento è secondo noi abbastanza tipica della vita che conduciamo e lo è molto di più rispetto ad altri momenti storici.
Che tipo di ambiguità c’è – che poi è quella su cui indagate – tra la società e la realizzazione dei nostri sogni?
Tommaso Russi: L’ambiguità sta nella nostra condizione: è come se ognuno di noi fosse diventato una piccola impresa più ché una persona. Giudichiamo noi stessi e veniamo giudicati a seconda del successo che abbiamo. Basta guardare i social media: vengono sempre utilizzati per autopromuoverci. E’ una forma mentis. Se ci consideriamo una piccola impresa e basiamo la nostra identità sul nostro successo in un mondo lavorativo con le caratteristiche del capitalismo nel 2022, è difficile poter vivere una vita serena. Così annulliamo tutto il resto, perché il motto che ci guida è quello di fare successo con la nostra piccola impresa, cioè con noi stessi.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Isabella Procaccini per la collaborazione
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