“RUY BLAS” E I MEZZI PER ARRIVARE ALL’AMORE

Sullo sfondo di un mondo che è sul punto di crollare, il dramma di Ruy Blas racconta la storia di un alto funzionario della corte spagnola che per vendicarsi della Regina, tesse un inganno scambiando l’identikit del proprio servo Ruy Blas con quella del nobile Don Cesare, per poi introdurlo a corte. Ruy Blas, ignaro degli intenti del suo padrone Don Sallustio, accetta lo scambio e veste i panni di Don Cesare perché è l’unico modo per lui di avvicinarsi alla Regina di cui è profondamente innamorato.

Lo spettacolo è un adattamento dell’opera di Victor Hugo, è diretto da Marco Lorenzi e vede protagonisti Yuri D’Agostino, Francesco Gargiulo, Barbara Mazzi, Anna Montalenti, Alba Maria Porto e Angelo Maria Tronca. E’ in scena dal 25 al 28 ottobre.

Quattro domande a Marco Lorenzi

“Ruy Blas usa l’arte dell’inganno per raggiungere i propri scopi?”

“No. Diciamo che Ruy Blas accetta in maniera un po’inconsapevole di rendersi strumento di un progetto di vendetta molto complesso e molto più articolato, ordito però da un’altra persona.”

“Perché questo è un testo teatrale lontano da noi solo apparentemente?”

“Perché è un testo teatrale scritto nel 1800 da Victor Hugo e non messo in scena molto di frequente soprattutto in Italia. Anzi, l’ultima regia è del 1996 ed è di Luca Ronconi. Quindi non è un testo frequentatissimo. Appartiene a una vera e propria letteratura di genere che è quella del melodramma. Quindi la sfida è abbastanza ardua, c’è un coefficiente di rischio molto alto. Partendo da qui, io e i miei attori volevamo vedere se tutto questo poteva essere superato e rigirato con un’opportunità.”

“Voi avete fatto un lavoro molto importante sulla lingua e sul verso, giusto?”

“Sì, esatto. Questo era un altro binario su cui abbiamo lavorato: abbiamo la convinzione che lavorare sulla parola di Victor Hugo e il rispetto del suo universo facciano parte di un’operazione estetica e culturale che ha senso nel teatro di oggi. Alzare l’asticella della complessità della comunicazione, ma anche riuscire a renderla comunque indiretta eppure coinvolgente per lo spettatore è una sfida molto alta. Per questo rispettiamo il verso e la parola di Victor Hugo, ma abbiamo eliminato completamente la distanza dagli spettatori che sono molto vicini agli attori disposti su due lati, quindi completamente immersi nell’azione. Questo ci ha permesso di rispettare la lingua, ma di eliminare completamente ogni forma di retorica e di renderla molto moderna e contemporanea, con tutte le soluzioni linguistiche e teatrali da teatro contemporaneo, con una lettura ovviamente lontana da una messa in scena cronologicamente rispettosa. Siamo qui oggi in mezzo a noi per cercare di riportare la storia di Ruy Blas. La forza di quelle parole e di quella lingua è fondamentale per poter raccontare personaggi così grandi, con delle passioni così forti. Questi protagonisti sono quasi più costituiti dalla lingua che parlano che dalle azioni che compiono. A seconda della lingua che parlano, compiono le azioni che li vediamo fare. Questo era fondamentale da riportare agli spettatori.

“E’ un testo che è anche un’indagine sul senso dell’identità?”

“Nel cuore di Victor Hugo c’è un racconto sull’essere umano che va al di là delle forme con cui il testo ci è arrivato. Invece, nella capacità di lettura così penetrante da parte di Victor Hugo, è ancora molto forte e attuale. E’ molto bella ed emozionante da portare al pubblico.”