Napoletano? E famme ‘na pizza è uno spettacolo che nasce dall’omonimo libro di Vincenzo Salemme recentemente pubblicato. Titolo che fa riferimento a una battuta di una sua commedia teatrale nella quale uno dei personaggi chiedeva al fratello di dimostrare la sua presunta napoletanità facendogli una pizza.
Napoletano? E famme ‘ na pizza è in scena al Teatro Manzoni di Milano fino all’8 gennaio 2023. Scritto, diretto e interpretato da Vincenzo Salemme, lo spettacolo vede protagonisti anche Vincenzo Borrino, Sergio D’Auria, Teresa Del Vecchio, Antonio Guerriero e Fernanda Pinto.
Parla Vincenzo Salemme
E’ Napoli la vera protagonista di questo spettacolo?
Certo, perché si parla proprio di Napoli, ma soprattutto della napoletanità. Mi interrogo insieme al pubblico in maniera scherzosa sulla difficoltà di essere napoletani, perché il napoletano è l’unico cittadino del mondo che ha l’esigenza di rappresentarsi. Il napoletano è teatrale, è un insieme di cliché e di luoghi comuni. Gli amici e le amiche napoletani in scena mi vogliono partenopeo. Quando noi veniamo a Milano, come diceva Eduardo, italianizziamo un po’, rendiamo cioè il dialogo un po’ più comprensibile. A Napoli no.
Uno spettatore mi chiese di parlare napoletano, perché siamo noi stessi che ci facciamo prigionieri di questi cliché, ma ce ne sono tantissimi, a cominciare da quelli culinari come la pizza, la mozzarella, il caffè e il ragù. Abbiamo una visione della religione particolare: la nostra devozione a San Gennaro è quasi pagana perché noi lo trattiamo come se fosse un amico, gli diamo del tu e molti fedeli lo insultano se non si è avverato il miracolo. E’ un modo di testimoniare l’affetto dei napoletani verso il proprio santo preferito.
Perché gli stereotipi sulla napoletanità rischiano di rendere la vita di un napoletano simile a una gabbia?
Una volta un filosofo disse che quando camminiamo, lo facciamo sulle spalle di un gigante, che rappresenta il nostro passato e le tradizioni che ci precedono, per cui, stando su quel gigante, possiamo guardare più lontano, ma questo deve essere un trampolino di lancio. Se noi invece cadiamo da quel gigante e finiamo ai suoi piedi, diventa una prigione e la vita si fa buia. Per cui va bene scherzare con gli stereotipi ma non farsene una ragione di vita.
Lo spettacolo è tratto dal suo libro. Quanto è rimasto fedele al testo?
Lo spettacolo nasce da un insieme di cose, non solo dal libro, perché è un intreccio di due commedie: una è Con tutto il cuore e l’altra La festa di San Gennaro. Le ho intrecciate insieme in una terrazza di un condominio napoletano e a fare da filo conduttore tra una commedia e l’altra c’è il dialogo con il pubblico sui napoletani. E’ quasi un “meglio di”.
C’è una domanda che ha ispirato questo spettacolo. Qual è?
E’ una frase di una mia commedia fortunata che si chiamava E fuori nevica, nella quale ci sono tre fratelli, uno dei quali è un po’ pazzo ed è convinto di essere un poliziotto. Cambia personalità continuamente. Nel momento in cui crede di essere un poliziotto, pretende un documento, io gli do la mia patente e lui dice: “Ah! Napoletano? E famme ‘na pizza!”, perché dovevo dimostrare di essere napoletano e quindi, siccome lo spettacolo parla proprio del fatto che il napoletano si sente sempre in dovere di rispettare agli occhi degli altri la propria napoletanità, ho messo quel titolo.
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringrazia Manola Sansalone
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