“SALOME'”, DA OSCAR WILDE A GIOVANNI TESTORI

Il Teatro Litta di Milano propone fino a domenica 28 gennaio Salomè, un testo di Oscar Wilde e Giovanni Testori diretto da Alberto Oliva. Ne sono protagonisti Mino Manni, Francesco Meola, Giovanna Rossi e Valentina Violo. La voce fuori campo è di Franco Branciaroli. Salomè è il gioco dei potenti. All’inizio c’è la proposta di Erode, un re che vuole divertirsi e abusare della sua posizione e della sua sconfinata ricchezza. “Salomé, danza per me, in cambio avrai quello che vuoi”. Alla fine c’è, inatteso e perturbante, il responso di Salomé: “Voglio la testa di Giovanni Battista”. In mezzo c’è il tempo della danza, della vittoria dei sensi, della perdita del controllo dell’ebbrezza dionisiaca di chi si lascia andare al godimento più puro senza badare alle conseguenze del proprio gesto.

Parla Alberto Oliva

“E’ giusto definire questo spettacolo il gioco dei potenti?”

“Sicuramente sì. E’ un tema che a me è molto caro. E’ una ricerca che sto facendo con Mino Manni e con la compagnia I Demoni. In particolare a me affascina questo tema, quello dei potenti e del potere, ma preso nella sua umanità. Andiamo ad analizzare dei re, quindi dei sovrani, dei potenti, delle persone che hanno potere, però andando a cercarne il lato umano nascosto. ‘Salomè’ vede sicuramente come protagonista, oltre alla principessa Salomè, anche il re Erode interpretato da Mino Manni. E’ re, però non riesce a mantenere questo ruolo fino in fondo, perché è ossessionato, è impaurito, è terrorizzato dalla responsabilità che lui ha. Questo tema, quello della responsabilità che fa paura, credo che sia estremamente attuale anche per noi che non siamo re. Però viviamo in un’epoca in cui si soffre la responsabilità, si soffre questo senso di avere potere. Quindi tutti noi siamo un po’ potenti. Non importa che sia un re, a me piace avvicinare queste figure a noi stessi. Soprattutto, però, credo che sia giusto definire questo testo come il gioco dei potenti proprio perché va ad analizzare la perdita del potere, del controllo e della razionalità. Alla fine viene tagliata la testa del profeta Iokanaan, ma è proprio il perdere la testa che racchiude in sé anche il senso metaforico di tutto. La testa, quella che tiene il controllo di tutto, salta via. Quando salta via? Quando si rimuove la razionalità, quando ci si lascia andare all’istinto ed è proprio questo che succede nel testo. Infatti la cosa che più mi interessava era analizzare la figura del profeta Giovanni Battista, che noi chiamiamo  con il suo nome bibliico Iokanaan, molto più evocativo, che mi interessava soprattutto come voce rinchiusa in basso che risuona e dice qualcosa a chi la va a interrogare. E’ un po’ come un oracolo, ma soprattutto è un po’ come il lato oscuro di noi stessi. Infatti mi piace proprio che il profeta arrivi a essere l’altra faccia di noi. Questo testo è pieno di riferimenti alla luna. La luna è quell’astro che nasconde sempre una faccia e ne mostra soltanto una. Noi stessi siamo questo. Non conosciamo il nostro lato oscuro. Vorrei proprio che questa ‘Salomè’ fosse l’incontro dei personaggi con il loro lato oscuro che ti porta a perdere il potere e il controllo”.

“Come mai hai deciso di unire in questo spettacolo sia la versione di Oscar Wilde che quella di Giovanni Testori?”

“Perché Oscar Wilde mette in bocca giustamente, come storicamente e biblicamente è, al profeta delle battute bibliche, cioè delle profezie che riguardano Gesù Cristo. Questo a me interessava poco, proprio perché volevo staccare questo mito dalla sua storia e dalla storia cristiana e lo volevo rendere più una cosa psicanalitica, un incontro dell’io con l’inconscio. Giovanni Testori ha scritto delle poesie straordinarie su questo tema, andando sempre a mantenere i legami con Gesù Cristo, ma è un Gesù Cristo molto più dentro di noi e contemporaneo. Per cui dice le stesse cose, ma in un modo molto più novecentesco e post-psicanalitico, dove tutti noi siamo consapevoli di non essere una cosa sola, ma di veder convivere al nostro interno tante anime. Questo Giovanni Testori lo ha centrato in pieno ed è la cosa che più mi interessava. Infatti sono battute che risuonano in maniera potentissima”.

“Quant’è importante la danza in questo spettacolo?”

“La danza è molto importante proprio perché è una forma d’arte non razionale dove la testa salta e si perde il controllo. La battuta forse più famosa di ‘Salomè’ è quella che pronuncia Erode in cui dice: ‘Salomè, danza per me’. Di solito si tende a pensare che lui stia chiedendo di danzare a una Salomè che è un’abile danzatrice, a una ballerina professionista. Invece io ho pensato che se un re va a chiedere una cosa simile, ed è così importante questo fatto perché è disposto a dare qualunque cosa perché lei danzi per lui, vuol dire che non lo sta chiedendo a una persona che danza costantemente sempre, altrimenti perché dargli quest’importanza? Per cui ho immaginato che Salomè sia una creatura che non ha mai danzato, che non ha mai preso coscienza della propria femminilità e del proprio corpo, e lo fa in questa notte di luna piena in cui risuona la voce del profeta. L’esplosione dell’inconscio travolge tutti i personaggi e la danza è la massima espressione della perdita del controllo. Per cui quella che vedremo in scena non è una vera e propria danza nel senso coreografico del termine, ma è un’esplosione di corporeità e di sensualità che è chiaramente coreografata. Abbiamo una coreografa bravissima che è Lara Guidetti che ci ha aiutato a rendere tutto questo bello da vedere e forte da raccontare, però è una danza nel senso di liberazione, è un bruco che diventa farfalla che si brucia nel giro di qualche minuto di estrema espressione dei sensi. Quindi la danza è intesa in questo senso”.

“Siamo di fronte al patto di Faust con Mefistofele al contrario?”

“Sì, proprio perché Faust chiede massima conoscenza. E’ disposto a vendere l’anima per la conoscenza. Qui invece Erode firma un assegno in bianco perché dice a Salomè di danzare per lui e dopo che avrà danzato le darà tutto quello che vorrà. Le chiede però di non dirglielo subito, ma dopo. Quindi di fatto firma un assegno in bianco. Le darà tutto quello che vuole, ma non per la conoscenza, bensì per la lussuria, per la perdita della conoscenza e del controllo, per la totale liberazione dalla testa. E infatti quello che poi accade magnificamente e metaforicamente è proprio la perdita della testa che salta. Quale? Quella del profeta e dell’inconscio. Ma nel momento in cui salta quella parte misteriosa di noi stessi, si perde tutto, perché la testa da sola non è niente”.

(intervista e riprese video di Andrea Simone)