E’ in scena al Teatro Leonardo di Milano una versione molto particolare di Otello, dove non è tanto la gelosia ma l’inquietudine del dubbio a essere il motore del dramma che corrode ogni certezza d’amore e finisce per rendere labile il confine tra bene e male. Sullo spartiacque tra ombra e luce si consumano e si vanificano parallelamente il trionfo dell’amore e quello dell’odio.
Il celebre capolavoro shakespeariano è in cartellone fino al 2 novembre con l’adattamento e la regia di Corrado d’Elia, che ne è anche protagonista con Giuseppe Sartori, Chiara Salvucci, Marco Brambilla, Giovanni Carretti, Marco Rodio, Gianni Quillico, Dominique Evoli e Sara Dho.
Parla Chiara Salvucci
Parlaci della tua Desdemona.
Secondo me è un personaggio molto più forte e grande rispetto a come lo si può intendere molte volte. Molto spesso infatti le vittime di violenza e di situazioni tossiche, come quelle che Desdemona vive, vengono dipinte come soggetti deboli. In realtà lei ha una grandissima forza: quella dell’amore puro, quasi incondizionato. E’ un sentimento che non è intaccato nemmeno dal sopruso che si trova poi ad affrontare. Per me questa è la più grande forza che si possa avere.
Quando si trova di fronte alla violenza, Desdemona manifesta una sorta di incredulità. Forse è proprio questo che lei mi sta insegnando. E’ un assunto che finora non avevo compreso: lo sbigottimento di fronte alla brutalità più grande. Lei continua a rilanciare il suo amore enorme, non credendo che le possa accadere quello che le sta succedendo. Continua quindi per la sua strada portando questa sua grande forza data da una purezza e da un sentimento grandissimo.
In questo spettacolo non c’è ambientazione, né a Venezia né a Cipro. Come mai questa scelta?
Perché quello di cui vogliamo parlare di più è il modo in cui affrontare l’inconscio, le emozioni e il labile confine tra il bene e il male, l’onesta e la disonestà, l’amore e la violenza. La pièce è quindi inserita quasi in un contesto temporale e in un non luogo, in una sorta di atmosfera onirica dove c’è un elemento molto importante: l’acqua di due pozze dove si immergono le emozioni, le ossessioni e i sentimenti più profondi dei personaggi. E’ una decisione presa per non dare connotazioni precise di tempo e di spazio.
Perché Otello è allo stesso tempo vittima sacrificale e carnefice?
Faccio un po’ fatica a vederlo come vittima, però lo è, sia di se stesso che di Iago che, partendo da piccole conversazioni, riesce a tessere una trama che distrugge ogni certezza. Ovviamente, però, non riuscirebbe a farlo se dall’altra parte non ci fosse un terreno fertile di consapevolezza e predisposizione che hanno a che fare con l’ego. Pure questo è un tema molto contemporaneo. Oggi abbiamo a che fare con un io smisurato che pensa solo a difendere se stesso e le proprie convinzioni, eliminando spesso il confronto e la verità. Otello infatti non cerca mai un punto d’incontro con Desdemona. Nella propria testa crea la persuasione che porta fino alla fine della sua follia e della sua furia, ma non le chiede mai un chiarimento reale in cui dice quello che lui sa e quali sono le sue certezze.
Perché nella vostra versione il confine tra incubo e realtà è inesistente?
Tutta questa vicenda viene raccontata quasi come se fosse un brutto sogno dentro a un’atmosfera fatta di emozioni e pulsioni estremamente forti. E’ quindi l’inconscio a farla da padrone, e lo fa sia nell’incubo che nella realtà.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Alessandra Paoli
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