Fabio Angeletti è un impiegato convinto di essere vittima di una serie di ingiustizie. Le responabilità di questi torti, a suo parere, ricadono su una società faziosa e spietata. Fabio aspira a ruoli di prestigio culturali e nel frattempo prepara furenti vendette, appaganti rivincite e definitve autopunizioni. Fabio Angeletti è interpretato da Luca Sandri, che porta al Teatro Delfino di Milano dal 4 al 7 maggio lo spettacolo Ne ho mangiata troppa, da lui scritto a quattro mani con Umberto Simonetta. Nel dialogo irrompono via via molti altri imprevedibili interlocutori, reali e immaginari e, allargandosi, la conversazione si fa piuttosto animata.
Quattro domande a Luca Sandri
“Quello di Fabio Angeletti è un personaggio positivo o negativo?”
Da un certo punto di vista è assolutamente negativo perché rappresenta molti difetti che tutti noi abbiamo: la tendenza a farci coinvolgere eccessivamente da rabbia, rancori e voglie di rivincite e riscatto. Però è anche positivo perché è un perdente. E’ una legge del teatro quella secondo la quale il perdente riscuote consensi e solidarietà da parte del pubblico. Molto spesso infatti gli spettatori si ritrovano nei vari aspetti del perdente. In queste situazioni c’è sempre una sorta di identificazione. Lo so per esperienza perché ho iniziato a lavorare in teatro interpretando dei perdenti.
“E’ un testo che rappresenta lo specchio di una società?”
Sì, in tanti aspetti che magari nei tempi cambiano. Però certe caratteristiche del genere umano si ritrovano sempre.
“Vorrei che parlassi dell’importanza di Giorgio Gaber in questo spettacolo”.
Come qualcuno ricorderà, Umberto Simonetta è stato uno degli scopritori di Gaber. Negli Anni Sessanta ha scritto tutte le canzoni più importanti del suo repertorio nazionalpopolare prima della svolta del teatro-canzone. Nel 1979, quando ho debuttato con il mio primo spettacolo che si chiamava “C’era un sacco di gente, soprattutto giovani”, c’è stata una collaborazione con Gaber. Dopo anni di strade professionali diverse, Umberto Simonetta ha proposto a Giorgio Gaber di scrivere le musiche di quattro canzoni che avevamo inserito nello spettacolo. Lui ha accettato di buon grado e ce le ha regalate senza volere alcun compenso. Ha un po’ ritoccato le parole ed è stato un regalo bellissimo che io mi porto nel cuore dal 1994, quando il testo è stato scritto.
“Trovo molto curioso il titolo: che cosa significa?”
Ne ho mangiata troppa. Di rabbia, delusione e del peggio che tu possa pensare!