Una scena nuda, una linea. Cinque personaggi in fila per non si sa bene quale evento: non è specificato e in realtà non è nemmeno importante. L’importante è essere i primi della fila a tutti i costi. Non per merito, non per efficienza, non per qualifiche: semplicemente precedere gli altri. Questa è la premessa del surreale atto unico dalle fortissime echi beckettiane scritto da Israel Horovitz, grande drammaturgo americano recentemente scomparso. Line è un testo sulla competitività, cifra e piaga della civiltà occidentale, cinquant’anni fa quando è stato scritto, come oggi.
Line è in scena al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 12 giugno. Diretto da Renato Sarti, lo spettacolo vede protagonisti Valerio Bongiorno, Francesco Meola, Rossana Mola, Mico Pugliares e Fabio Zulli.
La parola a Renato Sarti
In che modo questo spettacolo rimanda a Samuel Beckett?
Perché è considerato un testo che fa parte del teatro dell’assurdo, una categoria in cui gli americani non hanno avuto grandissimi autori. In questo caso, invece di aspettare il fatidico Godot, c’è una linea per terra intorno alla quale si accapigliano e si sbranano cinque personaggi per stare al primo posto. L’obiettivo non è chiaro, non si sa perché esattamente vogliono starci, però sta di fatto che c’è il tema della concorrenza e della competizione che fa parte del mondo occidentale, e soprattutto dell’America e degli Stati Uniti.
Che cos’hanno in comune questi personaggi?
In questo caso il desiderio di stare al primo posto. Teniamo presente che questo testo ha una particolarità già nel titolo: in inglese la parola “linea” significa anche “battuta teatrale”, quindi c’è una caratteristica di gioco nel teatro che in italiano non può essere resa così evidente, perché nel titolo “linea” significa sia “battuta” che “fila”, che non è facile da rendere e che noi abbiamo cercato di sopperire inserendo delle parole che hanno il significato di “proscenio”, di “mattatore”, di “comparsa” e di “quinta”. I cinque personaggi ambiscono ad arrivare al primo posto adoperando una serie di stratagemmi, non ultimo anche una componente di carattere teatrale. Sono dei personaggi molto ben marcati.
L’altro evidente segno che spero che il pubblico colga subito è che c’è una donna con quattro uomini, cioè una su cinque. Il ruolo della donna è fondamentale all’interno del gioco al massacro molto comico, perché come per Beckett sono testi che fanno molto ridere. Credo che nell’off Broadway in America sia il testo più longevo con passaggi di attori straordinari come John Cazale. Teniamo conto che Horowitz ha scritto delle parole che poi sono andate in bocca, fra sceneggiature per i film e copioni teatrali, a personaggi come Kevin Kline, Maggie Smith e Al Pacino. Si parla quindi di un gigante che forse è stato poco ricordato due anni fa quando è scomparso.
Che tipo di primato cercano i personaggi?
Sembrerebbe il primo posto di per sé. Tutti quanti si illudono di essere il primo ed è uno stato di esaltazione, di felicità e di folle contentezza semplicemente per essere il primo. Sappiamo che nella nostra società, molte volte essere il primo non è il compimento di un percorso di una sostanza e di uno spessore, ma l’ambizione di essere lì, di apparire. Teniamo conto che siamo nella società dello spettacolo, dei media, del cinema, della televisione e dei talk show. La cosa principale è quindi quella di apparire e di essere i primi a tutti i costi, costi quel che costi, nel senso che i colpi bassi non mancano all’interno della tensione, della gara e della lotta.
Quali sono le nevrosi della società moderna?
Per esempio l’aspetto della sessualità e il modo in cui viviamo e percepiamo il ruolo della donna all’interno del nostro mondo, dalla pubblicità a quello che succede nella vita di tutti i giorni, anche se non siamo più negli anni Settanta. Horowitz ha scritto il testo nel 1967, però non siamo ancora usciti da un mondo maschilista e in cui le donne non hanno poteri. Quando le donne conquistano i luoghi di potere, è perché hanno realmente una forza sovrumana. Ancora oggi il ruolo della donna è considerato minore rispetto a quello dell’uomo.
Le altre componenti sono che uno è un amante del calcio, l’altro è un artista che ambisce a diventare Mozart e che ha un’esaltazione mistica pari a quella di Gesù Cristo. Il quarto è un po’ un delinquente mafioso che lancia messaggi e il quinto e ultimo è il marito della donna, che è un povero imbelle, un uomo senza spina dorsale, che però all’ultimo momento tira fuori le unghie anche lui.
- Intervista di Andrea Simone
- Foto di Laila Pozzo
- Si ringrazia Giulia Tatulli per la collaborazione
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