“LA SCALA”: LA PAROLA AD ANDREA DIANETTI

E’ in scena al Teatro Martinitt di Milano fino al 2 aprile La scala,  una commedia di Giuseppe Manfridi diretta da Michele La Ginestra, con Gabriele Carbotti, Andrea Dianetti, Fabrizio D’Alessio, Marina Marchione, Samantha Fantauzzi e Barbara Clara.

“Non ne ho voglia ma mi tocca”

Uno spettacolo dove viene analizzata la vita reale, partendo da situazioni paradossali. A essere protagonisti sono sei giovani: arrampicatori, millantatori ed esibizionisti. Ognuno si nasconde dietro a sorrisi di convenienza e frasi di circostanza.  La storia si svolge durante una cena organizzata per una rimpatriata, che però non interessa a nessuno dei protagonisti. Una di quelle serate forzate, infinite e vuote, che costringono al sorriso fino a slogarsi la mascella e in cui i personaggi sono tutti radunati attorno a una scala che avrà un ruolo chiave nella vicenda.

Uno degli attori protagonisti è Andrea Dianetti, che Teatro.Online ha intervistato.

“Perché questa famosa scala rappresenta in realtà una metafora?”

“E’ la rappresentazione di un oggetto simbolico inutile solo all’apparenza. In realtà è soltanto un pretesto per parlare di qualcosa. Ci troviamo infatti in una di quelle situazioni tipiche di quando arrivano ospiti ai quali non si sa che cosa dire. Allora si espone qualcosa: un quadro, una scala, un tappeto nuovo. Oggetti che diventano una scusa per dialogare del nulla e non parlare delle proprie vicende personali”.

“E’ una situazione capitata un po’ a tutti noi. Credi quindi che sarà facile per il pubblico identificarsi con le storie dei personaggi?”

“Assolutamente sì. Almeno una volta nella vita ognuno di noi si è ritrovato in situazioni piene di perbenismo e manierismo tra amici veri o presunti tali: persone meno conosciute e altre che si conoscono da un po’ più di tempo, con le quali c’è quella piccola confidenza in più che porta un’altra coppia a sentirsi un po’ più esclusa. Si creano quindi delle situazioni di imbarazzo, in cui si dicono ma non si dicono le cose importanti. All’apparenza sembra che ci si voglia tutti bene, in realtà ognuno cova qualche piccolo risentimento passato”. 

“Quanto cinismo e humour nero ci sono in questa commedia?”

“Parecchio di entrambi. Sia io che l’autore concordiamo sulla fortissima vena comica del cinismo. Trovo che poche cose facciano ridere come lo humour nero, perché in esso si palesa la verità di ciò che è nascosto dietro qualsiasi azione”.

“Perché, da una situazione iniziale di calma apparente, tutto sfocia nel rancore e nella tensione?”

“Perché alla fine del primo atto, la scala alla base di tutta la storia, motivo di elogio tra i commensali, diventa invece un problema. Non dico altro per non rovinare la sorpresa, ma diventerà la scusante per poter attaccare gli altri”.