Uno spettacolo dedicato ai bambini che siamo stati e che non smetteremo mai di essere, uno spettacolo dedicato a chi è sopravvissuto all’infanzia e della cui sacralità ha conosciuto ben poco. Potevo essere io è il racconto di una bambina e di un bambino che che diventano grandi partendo dallo stesso cortile. Due partenze, stessi presupposti, ma finali diversi. E in mezzo la vita.
Potevo essere io è in scena al Teatro Oscar di Milano dal 21 al 23 ottobre. Lo spettacolo è stato scritto da Renata Ciaravino e vede protagonista Arianna Scommegna.
A tu per tu con Arianna Scommegna
Che tipo di bambina è stata Arianna Scommegna?
Da quando ho memoria volevo far l’attrice. Ero una bambina che amava tantissimo avere momenti di grande immaginazione. Una delle cose che mi piaceva più fare era stare sdraiata, immaginare le storie e viverle. Mi emozionavo da sola e mi facevo i film. Ero protagonista di una storia tragica, vivevo nel Medioevo. Erano vicende assurde e incredibili quelle che mi immaginavo. Questa è una cosa abbastanza determinante nella mia infanzia. Amavo tantissimo giocare con gli altri bambini. Desideravo molto avere delle amiche e andare in giro. Adoravo andare all’oratorio, anche se non mi piaceva quando dovevo studiare, ma il momento del gioco e delle caramelle mi piaceva tantissimo. Quando ero piccola per noi bambini c’era l’oratorio o la strada. Siccome i miei mi impedivano di andare a giocare in strada, le alternative erano l’oratorio o i cortili.
Lo spettacolo è una commedia che irrompe nella tragedia?
Sì, è tragicomico con un grandissimo lato di autoironia, perché questa è la storia un po’ romanzata dell’autrice Renata Ciaravino.
Che cos’hanno in comune i due bambini dello spettacolo?
Il fatto di passare molto tempo da soli in cortile. Devono vivere la loro esperienza maturando la propria crescita in solitudine. Fanno un tratto di strada insieme, sono molto vicini, vivono le esperienze insieme e poi prendono ognuno la propria, come sempre avviene. Anche il mondo del gioco del bambino è scritto da Renata in maniera molto poetica, perché tocca con dei piccoli dettagli teneri una parte che riguarda un po’ tutti. E’ vero che è la storia di Renata, ma poi l’ho interpretata anch’io anche se non è la mia storia, ma è come se lo fosse perché in qualche modo mi ci sono ritrovata.
Quant’è importante la scenografia in questo spettacolo?
La scenografia è importante nel senso che permette anche la proiezione di video fondamentali per lo spettacolo, perché ci sono tre momenti in cui sono presenti i video fatti da Elio Longato. Sono dei dettagli importanti, perché aprono uno squarcio verso il mondo reale e allo stesso tempo lasciano anche spazio all’immaginazione. Infatti non sono solo realistici: è come guardare le cose con gli occhi un po’ socchiusi, quindi con lo sguardo della memoria, emotivo, non solo con l’occhio descrittivo della realtà.
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- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Maurizia Leonelli per la collaborazione