
Due spettacoli “made in Teatro Atir Ringhiera” sono in scena al Teatro Gerolamo di Milano. Due opere di Giovanni Testori che vedono protagonista Arianna Scommegna diretta da Gigi Dall’Aglio e accompagnata alla fisarmonica da Giulia Bertasi: e al violoncello da Antony Montanari: Mater Strangosciàs il 15 e il 16 novembre e Cleopatràs il giorno dopo. Mater Strangosciàs ci racconta la storia di una donna brianzola del popolo, forte, semplice e pura, che piange la perdita del figlio. Si rivolge a lui. Gli chiede perché gli uomini debbano patire così tanta sofferenza. E’ l’ultima opera di Testori: un addio, una preghiera, un testamento.

Il secondo spettacolo, Cleopatràs, passa invece dal tragico al comico, dal divino al carnale, commovente, travolgente e sensuale. Un allestimento semplice, tribale, dove la parola è regina con un suono che va al di là della comprensione. Per questa interpretazione Arianna Scommegna, da noi intervistata, ha vinto il Premio dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro.
La parola ad Arianna Scommegna
“Cominciamo con Mater Strangosciàs: il personaggio di questa donna così forte e fragile allo stesso tempo riesce a trovare delle risposte alle proprie domande?”
Più che dare delle risposte, in “Mater” Testori vuole chiudere la trilogia di lai con un bacio. Lui scrive questi tre lai mentre è sul letto di morte in ospedale nella fase terminale del tumore che lo affliggeva. Queste opere sono un saluto al mondo e “Mater” è l’ultimo. Proprio come l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Lo spettacolo comincia con alcune parole che sembrano riferirsi all’ultimo canto di Dante. Secondo me, dunque, l’autore ha voluto salutare il mondo con un bacio.
“E’ uno spettacolo sul senso della vita?”
Penso che Testori abbia scritto questo spettacolo per chiedere perdono a se stesso. Non so se c’entri il senso della vita, di sicuro manifesta un grande amore nei confronti dell’arte.
“Passiamo a Cleopatràs: in tutti gli spettacoli la parola è importante, ma in questo caso ancora di più. Perché?”
Perché Giovanni Testori inventa una lingua e nel farlo trova anche una musica nuova, dentro alla quale c’è una poesia. Quindi la parola, dal suo punto di vista cattolico, si fa corpo e carne. In questo senso diventa fondamentale, si trasforma nell’essenza del suo lavoro. Esattamente come la parola di Cristo, che durante la messa diventa corpo e sangue.
“Che valore aggiunto dà la musica eseguita dal vivo?”
La musica è la partitura che sta dentro quelle parole. E’ stato un desiderio nato immediatamente, per accompagnare questi lai con il violoncello in “Cleopatràs” e la fisarmonica in “Mater. Sono strumenti necessari, perché rappresentano il dialogo con colui o colei che accompagna l’officiante, che nel primo caso è il ragazzino e nel secondo l’angelo. Sono quindi i testimoni che procedono insieme alla persona che sta salutando il mondo, figure necessarie a fare da triangolo con l’occhio del pubblico.