“LA MOLLI”, COME DIVERTIRSI ALLE SPALLE DI JAMES JOYCE

 

Confidenze e confessioni a mezza voce. Sono quelle che Arianna Scommegna farà al pubblico del LabArca Teatro di Milano in uno spettacolo diretto da Gabriele Vacis, in cui l’attrice riprende il celebre monologo di Molly Bloom scritto da James Joyce. In scena il 3 e il 4 dicembre con la produzione Teatro Atir Ringhiera, l’attrice parte dal testo facendo suoi tutti gli spunti e calando il personaggio in un’atmosfera milanese piena di riferimenti, canzoni e storie culturali a noi contemporanee. Sospesa tra vita vissuta e romanzo, in uno spettacolo che ha il sottotitolo Divertimento alle spalle di Joyce, Arianna Scommegna racconta la propria vita fatta di mancanza d’amore, attese interminabili, disillusioni, sogni non realizzati e attese mancate.

Quattro domande ad Arianna Scommegna

“La forza di questo personaggio è di non piegarsi mai alla rassegnazione?”

La forza di questo personaggio sta nella prima parola iniziale e nell’ultima finale: SI’. Joyce comincia l’ultimo monologo di Molly Bloom con un “sì” e lo chiude con un “sì”. E’ un “sì” alla vita, uno slancio verso la creatività e la positività. Non vede il bicchiere mezzo vuoto, ma mezzo pieno.

“Che tipo di attesa è quella che la Molli vive?”

E’ un attesa molto comica, ironica e autoironica. L’ironia salverà il mondo!

“Sarà quindi l’ironia a salvarla?”

Sì, nel suo rileggere la propria vita, le proprie frustrazioni, i propri errori e le gioie, tira fuori l’ironia e in questo modo, secondo me, riesce a superare tutto. 

“In che modo vi divertite alle spalle di Joyce come indica il sottotitolo?”

Abbiamo riadattato il testo. Questo spettacolo ha 16 anni e quando lo abbiamo fatto non esistevano delle traduzioni dell'”Ulisse” contemporanee, erano un po’ datate. Quindi abbiamo preso tutte le versioni e cercato di riadattarle. Abbiamo ambientato lo spettacolo a Milano, perché volevamo rendere al 100% il flusso di coscienza. Il pubblico deve cioè pensare che stia parlando dei fatti miei e che sia un flusso di coscienza quasi improvvisato. Dunque abbiamo tolto qualsiasi cosa che potesse rendere il monologo strano, non credibile. Ci siamo riproposti di farlo con me, Arianna, cresciuta a Milano, che racconto i miei pensieri.

Ci siamo divertiti a riadattarlo per necessità, non per un gusto estetico, né perché pensassimo che bisognasse trasportare i testi nell’età contemporanea. Per quel tipo di monologo era necessario fare così, altrimenti nessuno crede che sia un flusso di coscienza e diventa solo un gioco simil-stilistico. Invece credere che sia un flusso di coscienza è proprio lo scopo dello spettacolo. La cosa più bella è la varietà dei sentimenti, dal dolore per la morte alla gioia. Uno dei fili conduttori sono i liquidi: lacrime, pioggia, latte materno e sangue.