Un evento drammatico separa una madre e una bambina. Un evento che è impossibile da nominare, impossibile da capire, e quindi mascherato, nel ricordo di una bambina che non sa (ancora) accettare la realtà. Bombardamento, guerra. Un dolore talmente universale e intimo che poco importa sapere di quale guerra si tratti. Poco importa datarne il periodo, precisarne il luogo, stabilirne i confini.
Polvere è in scena dal 10 al 12 dicembre al Teatro Linguaggicreativi di Milano. Liberamente tratto dal romanzo Se è una bambina di Beatrice Masini, lo spettacolo è stato scritto da Marzia Gallo, che ne è anche protagonista in scena e che con Michele Segreto ha firmato la regia.
Intervista a Michele Segreto
Davvero rimane solo polvere di un essere umano quando se n’è andato?
No, non soltanto, sicuramente no. Quello che ci interessava e quello che abbiamo trovato nel romanzo di Beatrice Masini era il riferimento alla polvere, perché nel giorno in cui la madre scompare, la bambina ha il ricordo del giorno della polvere, poi scopriremo durante lo spettacolo perché. Collegare la polvere all’idea che rimanga qualcosa di tangibile delle persone che hanno vissuto accanto a noi ci ha subito acceso un immaginario e abbiamo deciso di far sì che questa frase fosse l’incipit del nostro spettacolo. Da tutto ciò che è tangibile arriviamo a quello che non lo è. La bambina ci rende partecipi.
Perché il dialogo tra i due personaggi non è in realtà un dialogo?
Perché sono su due mondi diversi e su due stati della vita differenti. Quello che ci ha colpito subito del romanzo è la modalità da flusso di coscienza che è il linguaggio della bambina. Abbiamo cercato di riportarlo in teatro e questo ha creato un monologo in cui i pensieri fluiscono e c’è uno scambio con lo spettatore. Tra i due pensieri – quello della madre e quello della bambina – in realtà non c’è un dialogo diretto, perché di fatto è un monologo, però c’è un costante ascolto tra le due voci parlanti.
Perché le vite di madre e figlia sembrano due binari paralleli destinati a non incrociarsi mai?
Perché abitano due mondi diversi. La bambina è nel mondo dei vivi, invece la madre è nel mondo dei morti. Idealmente i due binari non si incontrano mai, perché non avviene mai un incontro. In realtà a noi piace immaginare che questi due dialoghi che apparentemente vanno ognuno sul proprio binario, in un punto molto lontano dell’orizzonte, arrivino a sfiorarsi ed è molto consolatorio per noi riuscire a fare questo pensiero.
E’ vero che lo spettatore diventa un tramite nel rapporto tra madre e figlia?
Speriamo di sì. Finora, nelle tante repliche che abbiamo fatto, il rapporto dello spettatore con questa bambina che sostanzialmente lo fa accedere a un luogo della sua mente o a una serie di pensieri, prevede un dialogo molto stretto. Il pubblico è l’unico che riesce a sentire entrambe le voci. Quindi succede che ci sia questo tramite ed è uno spettacolo molto intimo e particolare in cui gli spettatori si sentono chiamati tante volte per una testimonianza. Sono sollevati quando avviene quello sfiorarsi dei binari di cui parlavamo prima. E’ uno spettacolo che tendenzialmente non lascia indifferente il pubblico.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Isabella Procaccini per la collaborazione
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