VITTORIO SGARBI, “DANTE GIOTTO”

Vittorio Sgarbi torna a omaggiare i grandi del passato con le sue lezioni in teatro. Questa volta il critico d’arte non si limita a una figura sola, ma sceglie due punti di riferimento fondamentali della letteratura e dell’arte italiana: Dante Alighieri e Giotto, che celebrerà alla sua maniera intessendo inediti fili conduttori nello scambio tra i due. Entrambi eminenti attori di una nuova raffigurazione artistico-letteraria, Dante e Giotto hanno condizionato con le loro opere i modelli stilistici a seguire. Le loro influenze sui canoni filosofici, sociali e spirituali del tempo sono state fortissime e sono giunte a noi come imprescindibili fondamenti della nostra cultura ed esperienza.

Doppiosenso è un progetto dinamico di Valentino Corvino, che ha anche composto ed eseguirà dal vivo le musiche dello spettacolo. In questa lezione con Domenico Giovannini sono state indagate le relazioni esistenti tra testi sonori, immagini e parole.

Dante Giotto è uno spettacolo di Vittorio Sgarbi, protagonista sul palcoscenico del Teatro Manzoni dal 23 al 28 novembre.

Intervista a Vittorio Sgarbi

Ricordando che nel 2021 cade il settecentesimo anniversario della morte di Dante, che cos’avevano in comune il Sommo Poeta e Giotto, a parte il fatto di essere vissuti nello stesso periodo e di essere più o meno coetanei?

Anche se fa una certa malinconia celebrare il centenario di una morte, serve a proiettare in una vita eterna i grandi artisti che così continuano a essere con noi. L’autore de La Divina Commedia si è lanciato fin da subito in uno spazio ultraterreno, cosa che Giotto non ha fatto, se non episodicamente ne Il Giudizio universale della Cappella degli Scrovegni a Padova. I due hanno rappresentato però il fondamento stesso della nostra nazione, che anziché essere unita sul piano politico e geografico, è nata con la lingua: un idioma identifica infatti un Paese. Nel nostro caso si parla italiano dalla Sicilia al Piemonte. La lingua trova la sua prima rappresentazione più alta ne La Divina Commedia.

In Giotto vediamo un linguaggio pittorico che all’inizio del 1300 parla di vita, emozioni e sentimenti. Hanno dunque in comune il fatto di parlare italiano. Questo li rende più vicini e vivi di qualunque pittore o scrittore venuto prima e dopo di loro, perché la volontà di far diventare l’italiano la lingua di Petrarca non ha cancellato la potenza espressiva dell’idioma icastico, forte e capace di identificare il carattere di Dante. Per quanto riguarda la pittura, l’intero secolo trecentesco è legato all’arte di Giotto e alla sua interpretazione della realtà. Sono dunque due figure che rappresentano il fondamento stesso di quello che noi siamo.

Perché la scelta di metterli insieme?

Chi mi ha chiesto di fare questo spettacolo ha pensato e presunto che per me fosse più normale parlare d’arte e di letteratura. Se però esaminiamo la figura di Dante, scopriamo che non esiste un poeta più immaginifico: i poeti, infatti, parlano di se stessi. Noi invece riusciamo a vedere le persone descritte da Alighieri. Pochi artisti sono capaci di dipingere in modo evidente e reale l’umanità: tra i pittori pochissimi, a parte Giotto e Caravaggio che lo hanno fatto potentemente.

In che modo Dante e Giotto hanno influenzato i canoni letterari e artistici degli autori venuti dopo di loro?

Non esiste un pittore che abbia dipinto nel Trecento senza guardare a Giotto. Questo atteggiamento è durato per un intero secolo, fino a quando non apparve la luce assoluta e nuova di Masaccio, che peraltro ha qualcosa di giottesco, in una forma diversa che però ha lo stesso spirito. Dante ha invece condizionato qualche scrittore e poeta che ha descritto le situazioni della realtà. Petrarca ha però cancellato l’influenza dantesca rapidamente. Dante è infatti un poeta assoluto ma non ha creato tendenze.

Che tipo di lavoro avete fatto sulle relazioni esistenti tra testi sonori, immagini e parole?

La struttura della rappresentazione è creata da un canto dell’Inferno, da due del Paradiso – uno dei quali è un canto che non prevede collegamenti particolari con le arti figurative mentre l’altro, il decimo, è quello in cui Dante parla di Domenico e di Francesco -. A quel punto non si innesta il Giotto di Padova, ma quello di Assisi che descrive le storie di Francesco. Questa narrazione pittorica si unisce al racconto che Dante fa di Francesco nel Paradiso. L’intreccio tra immagini e parole è dunque questo.

Quanto emerge del contesto sociale, politico e culturale dell’Italia di quel tempo?

In questo spettacolo mi sono concentrato sui valori eterni: l’amore, la fede e Francesco. Ho preferito una pièce che avesse l’attualità di una reazione immediata dei nostri sentimenti rispetto all’indicazione di un punto storico su cui si muove Dante.

  • Intervista video di Andrea Simone
  • Si ringrazia Manola Sansalone per la collaborazione
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