Ispirato all’omonima commedia di Carlo Bertolazzi divisa in due atti (la povera gent e I sciori), che debuttò proprio al Teatro Carcano nel 1893, il progetto nasce da un’idea di Serena Sinigaglia, direttrice artistica del Carcano e socia/regista di ATIR, e coinvolgerà trasversalmente i partecipanti ai laboratori per la cittadinanza tenuti dalle compagnie ATIR, Proxima Res, Pem ed Eco di Fondo in diversi municipi della città e confluirà in 3 distinti eventi di impatto cittadino, diretti dalla stessa Sinigaglia, che andranno in scena al Carcano tra novembre e dicembre del 2022, 2023 e 2024.
Saranno i cittadini stessi a raccontare la città, quella di fine ‘800 in cui debuttò l’opera, e quella dei giorni nostri. I primi due anni si concentreranno su interviste e ricordi, sulla scoperta di luoghi simbolici di povertà e ricchezza. Il terzo anno, invece, verrà messo in scena il testo originale del Bertolazzi. Lo spettacolo vede la traduzione dal dialetto milanese di Domenico Ferrari, la drammaturgia è a cura di Simone Faloppa, Giulia Viana, Giulia Tollis, Francesco Maruccia, Domenico Ferrari e Tindaro Granata. E’ prevista la partecipazione straordinaria di Lella Costa. Lo spettacolo è in scena al Teatro Carcano di Milano dal 2 al 4 dicembre.
Quattro domande a Serena Sinigaglia
Come nasce l’idea di questo progetto?
E’ la congiunzione di due fattori: uno è il fatto che il capolavoro del Bertolazzi, forse il più grande che ci è rimasto in dialetto milanese, debuttò al Teatro Carcano di Milano, quindi la mia presenza alla direzione artistica insieme a Lella Costa e Mariangela Piturru di questo spazio non poteva che attirarmi su un testo di questo tipo. Questo testo, oltre ad avere una lingua straordinaria, ha anche una coralità straordinaria ed è diviso in due parti: la povera gente e i ricchi, gli “sciuri”. L’altro fattore è l’assenza di una casa per la comunità Atir e quando non si ha una casa, c’è bisogno di trovare una narrazione che possa legarci e fare da casa virtuale. Se tutti raccontiamo la stessa storia, quella storia ci unisce.
Quindi, mettendo insieme queste due caratteristiche e in fondo anche questo bisogno, mi è nata l’idea di fare un progetto triennale ispirato all’opera del Bertolazzi. Il primo anno ci occupiamo quindi dei poveri a Milano, il secondo anno dei ricchi a Milano e il terzo anno andremo a mettere in scena proprio il capolavoro del Bertolazzi, coinvolgendo tutta la comunità che da anni Atir ha costruito sul territorio e anzi allargandola con collaborazioni preziose come quelle di Proxima Res, di Eco di Fondo e di Pem, quindi di altre compagnie milanesi che hanno sviluppato nel tempo un rapporto sul territorio e sulla formazione.
Qual è la particolarità di “El nost Milan”?
Quella di portare in scena la Milano dei poveri di allora. Irrompono in scena i poveri e la ricchezza ma è il verismo a teatro. Quindi è un’analisi che nasce profondamente dalla realtà e questo succede ancora una volta con la costruzione della comunità nel teatro inteso come strumento di relazione e di incontro. Saranno 150 cittadini sul palcoscenico del Carcano a raccontare com’è stato per loro l’impatto con la povertà oggi, da cui nasce il lavoro dei drammaturghi. Quest’anno e il prossimo saranno liberamente ispirati al lavoro del Bertolazzi come se potessimo dire: “Guarda cos’ha fatto Bertolazzi: ha osservato la Milano di fine Ottocento e l’ha riprodotta in un testo”. Andiamo a osservare noi la nostra Milano. Proviamo a riprodurla per frammenti, naturalmente, perché oggi la realtà ha una sua complessità narrativa quindi sono frammenti. E’ un’intuizione di che cosa può essere la povertà oggi.
Quali sono i luoghi simbolici di povertà e ricchezza che esplorerete?
Posso dire quelli di povertà perché li abbiamo esplorati. C’è il Giambellino come quartiere di una periferia che comporta delle difficoltà. Siamo andati in viale Tibaldi al Pane Quotidiano, quindi a osservare la fila che si crea. Quello è adesso uno spazio urbanisticamente interessantissimo perché alle sue spalle si erge la Bocconi nuova. Poi si vede una fila enorme che dopo il Covid è ulteriormente aumentata. L’impatto è forte perché si vede un mondo come la Bocconi e poi la fila per prendere la spesa. Siamo andati alle docce dei frati e a più di una mensa pubblica popolare. Sono tredici o quattordici i luoghi che abbiamo affrontato.
In che modo i cittadini raccontano la città?
Avendola vissuta. Nel progetto era previsto infatti che il gruppo di lavoro, quindi gli allievi attori, facessero visita ai posti e facessero esperienza degli stessi, e che poi quei drammaturghi traducessero l’esperienza di osservazione che avevano fatto, C’è il dormitorio a cielo aperto di via Hoepli, con anche sorprese di constatazioni. Bisogna infatti stare molto attenti a non cadere nella retorica e nella banalità quando si parla di un argomento così grande. Hanno preparato delle scene che io cucirò insieme. Poi Lella Costa le attraverserà come narratore da un filo unico a questo viaggio in alcuni dei luoghi dove si condensa il racconto di povertà a Milano.
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringrazia Cristiana Ferrari
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