Un’idea che nasce da un sogno che ATIR coltiva da tempo: riunire tutti i partecipanti dei corsi e dei laboratori aperti alla cittadinanza in un unico grande spettacolo: bambini, anziani, adolescenti, diversamente abili, educatori, semplici cittadini, attori, studenti, drag king e queen, tutti riuniti insieme sul palco.” (Serena Sinigaglia)
ODISSEA. Storia di un ritorno nasce da un’idea di Serena Sinigaglia, con la drammaturgia di Letizia Russo. La traduzione è stata curata da Maddalena Giovannelli, Alice Patrioli e Nicola Fogazzi. In scena il 27 e il 28 novembre al Teatro Carcano di Milano, lo spettacolo vede protagonisti Mattia Fabris e 80 partecipanti ai laboratori di teatro sociale e di territorio di ATIR.
Quattro domande a Serena Sinigaglia
In questo spettacolo Ulisse assume diversi volti. Vogliamo approfondire questo aspetto?
Ulisse diventa l’uomo, l’essere umano nelle sue diverse fasi di vita. E’ ognuno di noi. Perciò assume le sembianze di un adolescente, di un bimbo, di un anziano, di un diversamente abile, di un educatore, di un cittadino comune. In qualunque modo, chiunque prenda in mano la coperta da migrante come simbolo di colui che è in viaggio si trasforma in Ulisse e propone la propria odissea. Questo nasce naturalmente dal lavoro che i singoli laboratori di teatro integrato, tenuti da Atir dal 2019 ad oggi, hanno costruito con i propri laboratoristi.
In questo spettacolo è molto forte il concetto di comunità. In che senso lo è?
E’ proprio la festa della comunità, di Atir, di questi anni in cui la compagnia è stata senza una sede, senza il Teatro Ringhiera, e ha vissuto da nomade, in giro per i teatri milanesi e nei vari spazi. Dal 2017 abbiamo cominciato una nostra personale odissea, non soltanto con gli spettacoli professionali che sono andati in scena in tutti i teatri di Milano ma anche con i laboratori. Sia questi che il pubblico, dunque, sono venuti in giro con noi.
Era venuta l’ora di calare l’àncora e trovare un momento di festa e di riconoscimento reciproco dove ritrovarsi. Per fortuna il Carcano ce ne dà l’occasione, ospitando e sostenendo questo lavoro che ha due anni di storia, perché è cominciato prima della pandemia. Siamo riusciti miracolosamente a portarlo a termine, quindi sul palcoscenico avremo 80 cittadini che hanno partecipato ai laboratori e Mattia Fabris nel ruolo di un vecchio Odisseo che ripercorre le proprie gesta. Solo che è smemorato, non se le ricorda bene, quindi ha bisogno di rivederle e riviverle.
Ogni laboratorio ha lavorato su un canto dell’Odissea. Parallelamente, l’intervento della scenografia e dei costumi è stato curato dai ragazzi dell’Accademia di Brera coordinati da Maria Spazzi, la scenografa di Atir, e da Claudia Botta, docente del triennio di costume. Piano piano il pubblico vedrà costruirsi in scena una sorpresa e Odisseo, anziano e un po’ smemorato, deciderà se intraprendere un nuovo viaggio o no. Oltre che di Omero e dei canti più famosi, mi sono avvalsa della preziosissima collaborazione della grande drammaturga Letizia Russo, che ha scritto i raccordi citati da Mattia.
Nelle note di regia tu dici che “questo grande classico si fa corpo nel tempo attraverso il tempo”. Cosa intendi?
Si fa corpo nel tempo perché un classico – come diceva Italo Calvino – è la parola e il testo che ogni epoca decide di riconfermare tra le proprie urgenze, quindi significa che ha un proprio valore per gli esseri viventi di quel tempo. Nel momento in cui diventa teatro, si fa corpo nel tempo attraverso il tempo rappresentato proprio dal teatro.
Perché questo testo assume una valenza particolare in rapporto alla pandemia da cui purtroppo non siamo ancora usciti?
Direi che assume un’importanza purtroppo fondamentale perché la tragedia di Odisseo è individuale. Noi abbiamo vissuto un momento in cui l’individualità è diventata essenziale per sopravvivere. Quella di Ulisse è un’odissea, perché lui cerca una casa e una comunità rappresentata da Itaca. In fondo anche noi siamo orfani di comunità, non soltanto per la pandemia, che però è stata fortemente determinante.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Brunella Portoghese per la collaborazione
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