Smack! – Il musical è il primo musical a tematica gay originale italiano. Una musical comedy spregiudicata e pop che parla dell’imprevedibilità dell’amore, della sua straordinaria potenza e della sua libertà da etichette e definizioni. Lo spettacolo è in scena al Teatro Leonardo di Milano dal 28 marzo al 14 aprile. Il libretto e le liriche sono di Tobia Rossi, le musiche di Francesco Lori e la regia di Manuel Renga. Ne sono protagonisti Valerio Ameli, Chiara Anicito, Monica Faggiani, Dario Guidi, Eugenio Noseda, Ivan Portale e Luca Pozzar.
Quattro domande a Monica Faggiani
“In che cosa sta l’originalità di questo musical?”
“L’originalità di questo musical sta innanzitutto nel fatto che è un musical tutto italiano, che nasce qui da un autore e da un musicista italiani che hanno deciso di trattare questa tematica che in musical come Kinky Boots o Priscilla viene già trattata, ma di ambientarla a Milano, da noi e nella nostra città. Quindi la tematica gay viene affrontata con tutte le sue sfaccettature per la prima volta in Italia in un musical in questo modo. Ed è in più un musical particolare, perché a differenza di altri dove il cantato è più importante e predominante, qui c’è un’equa distribuzione al 50% tra cantato e parlato.”
“Che cos’hanno in comune i quattro protagonisti?”
“I quattro protagonisti hanno in comune un sogno che è quello che stanno realizzando. Hanno messo in piedi un locale che si chiama Smack dove loro en travesti fanno questi spettacoli come drag. Il sogno è però quello di poter essere se stessi, di potersi esprimere veramente e di poter dare alla città di Milano un posto dove poter essere se stessi a 360 gradi. Infatti la storia è particolare. E’ vero che questi ragazzi sono gay e vivono la loro omosessualità, ma in manierà più o meno aperta, perché c’è il ragazzino che arriva dal sud e che non ha ancora fatto il coming out. C”è un ragazzino che arriva dal liceo e che è stato bullizzato perché omosessuale, ma la cosa bella è che uno di loro a un certo punto scoprirà che non è soltanto omosessuale e si invaghirà di una ragazza.
Quindi il messaggio che si cerca di dare è che l’unica possibilità per essere felici è essere se stessi. L’orientamento sessuale è una delle cose ed è una scelta libera che si deve fare in accordo e in connessione con quello che siamo.”
“Quanto viene messa alla prova l’amicizia tra i quattro ragazzi?”
“Tanto, perché proprio nel momento in cui uno dei ragazzi dichiarerà questo suo sentire qualcosa di diverso nei confronti di una ragazza, ci sarà molto sconcerto. Invece è proprio lì che poi succede e si capisce quanto questi ragazzi sono amici perché ognuno deve essere quello che è, però l’amicizia viene messa alla prova perché sono molto diversi. Hanno ognuno una caratteristica molto specifica. Abbiamo il ragazzino. C’è il giovane che viene dal sud.. Abbiamo il leader del gruppo che è quello più aperto e fuori dagli schemi. C’è un professore un po’ frustrato che non è ancora riuscito a vivere la propria sessualità. Abbiamo quella che noi chiamiamo la sfranta e che vive il suo essere gay in maniera eccentrica ed esteriore.
Quindi ognuno è fatto a modo suo, ma sono legati dal fatto di cercare la verità di loro stessi. Chiaramente avviene tutto con grande leggerezza, è una commedia dove si ride e dove ci si diverte, però si riflette su tutte le tematiche riguardo all’omofobia e al bullismo nei confronti dei giovani omosessuali, a Grinder e quindi al suo utilizzo che è una tematica importante, al coming out. Sono tutte tematiche trattate con leggerezza, ma anche con spessore.”
“E’ il microcosmo della comunita gay milanese quello che mettete in luce in questo spettacolo?”
“Sì, però cercando in qualche modo di aprirlo verso tutti, perché spesso gli omosessuali tendono ad autoghettizzarsi, ad avere i loro posti e i loro luoghi. In realtà c’è una canzone bellissima che dice Speriamo che un giorno non faccia differenza amare una donna, un uomo o un unicorno. Perché si parla di unicorni, di poesia, di fantasia e di fiabe. Non dovrebbe essere rilevante. Quindi si racconta della comunità gay soprattutto a Milano, perché Milano è una città molto aperta e molto avanti rispetto ad altre realtà, però con l’idea di dire che non è quello a fare la differenza tra una persona e l’altra.”
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Alessandra Paoli per il supporto professionale