Sonosarò è un progetto teatrale ideato per la rassegna Hors organizzata da Stefano Cordella e Filippo Renda. Al centro dello spettacolo ci sono le domande esistenziali che l’uomo si pone e che lo legano a una condizione di elemento “di passaggio” sulla terra. Pezzi di storie, effimeri passaggi di personaggi e figure limite raccontano le solitudini di ognuno, con lo spaesamento tipico di chi non riesce a stare al passo con i cambiamenti quasi quotidiani della società contemporanea.
La pièce è in scena dal 28 al 30 settembre al Teatro Litta di Milano. Il testo è di Antonio Moresco, la drammaturgia è di Guido Mannucci e Riccardo Novaria, che hanno firmato anche la regia insieme a Miriam Podgornik. Sul palco troviamo le attrici Silvia Napoletano e Miriam Podgornik, con i danzatori Riccardo Novaria, Lucia Mauri e Alice Argilli.
La parola al regista Guido Mannucci e ai protagonisti
“E’ uno spettacolo che si interroga sul tipo di umanità che stiamo creando?”
“Sì. ‘Sonosarò’ mette in scena una selezione di testi di Antonio Moresco. Le domande principali attorno a cui ruota lo spettacolo sono ‘A quale nuova specie stiamo dando vita?’ e ‘ Dove sta andando l’umano?’; l’umano qui è inteso come specie capace di lasciare una traccia nella storia, un’impronta fertile. E’ concepito anche come un qualcosa che ci affratella e ci rende simili come specie. Lo spettacolo si articola intorno a questi punti.”
“Da quali certezze prende spunto lo spettacolo?”
“Secondo me non ci sono certezze in questo spettacolo. Anzi, rappresenta un esperimento perché è una pièce atipica e aliena. Per esempio, la narrazione non è lineare, ma a scatti, sempre interrotta. E” uno spettacolo per scene. L’unica nostra certezza è che il risultato – mettendo insieme tutte queste parti – arriva al pubblico tramite sensazione e non attraverso una linearità di concetto e di narrazione. E’ uno spettacolo che colpisce in modo sotterraneo.”
“Perché l’umanità di cui parlate nello spettacolo è portata all’eccesso?”
“Perché facendo vedere gli eccessi ci si rende conto della strada che sta nel mezzo degli eccessi stessi.”
“Quali sono gli altri linguaggi verso cui lo spettacolo dimostra un’apertura?”
“E’ un’opera multidisciplinare perché in scena ci sono la recitazione e la danza, i video e le musiche originali. Ci piace definirlo ‘transdisciplinare’ e ‘transmediale’, perché ogni medium, ogni linguaggio si interfaccia con l’altro con una propria specificità. C’è una commistione tra i linguaggi che rende tutta la scena unita e salda.”
(interviste e riprese video di Andrea Simone)