In un condominio di Milano, sin dal mattino, i vicini di casa si scambiano messaggi per assicurarsi che tutto scorra in maniera ordinata e disciplinata. Sono risoluti ad affrontare il delinquente che continua a buttare la plastica nel contenitore della carta, il disadattato che lascia aperta costantemente la porta dell’ascensore e il provocatore in possesso del termosifone che gorgoglia rumorosamente.
Il condominio è in scena alla sala Cavallerizza del Teatro Litta di Milano dal 10 al 13 febbraio. Lo spettacolo è stato scritto da Cinzia Spanò che ne è anche l’unica protagonista.
A tu per tu con Cinzia Spanò
Quant’è simile il tuo condominio rispetto a quelli che si trovano nelle nostre città?
Ne è la fotocopia perché io ho portato in scena proprio il mio condominio! Durante il lockdown si è infatti creato uno spazio per noi teatranti in cui ho cominciato a dare attenzione a cose cui di solito non faccio caso. Per esempio la mia chat condominiale, dove io sono stata inserita solo per uno scambio di informazioni utili alla vita del condominio. In realtà la chat si è rivelata da subito un capolavoro di delazione, bullismo e sospetti gettati sul prossimo senza alcuna prova. Ovviamente la lettura risulta drammatica, ma anche molto buffa. I condomini sono infatti una colonia di sociopatici che cercano ogni volta di far partire delle indagini alla ricerca di un colpevole! Di solito i responsabili non fanno mai parte della comunità…
Quindi le tipologie degli inquilini sono riconducibili alla vita reale?
Purtroppo è così, nel senso che a volte la vita reale supera la finzione! Infatti io mi sono molto preoccupata di far sembrare gli screenshot veri come sono in realtà, perché alcuni sembrano proprio inventati! Nell’esaminare quegli scambi, la mia impressione è che questo microcosmo riproponga in piccolo le dinamiche evidenti nel mondo.
Siamo dunque di fronte a una metafora delle dinamiche che governano i rapporti tra le persone?
Esatto: è proprio una lente di ingrandimento su questo aspetto. Le dinamiche di gruppo sono specifiche; faccio un esempio: c’è sempre la ricerca di un nemico comune ed è una cosa molto utile per il gruppo, che infatti si compatta in questa ricerca e definisce così la propria identità. In una sua lezione chiamata “Costruire il nemico”, Umberto Eco diceva che il gruppo ha talmente bisogno di un nemico comune che quando non c’è, lo costruisce e lo inventa. E’ una dinamica che in questo momento vediamo in modo molto evidente: ci sono sempre poteri forti, in ogni momento c’è qualcuno che cerca di attentare alla nostra sicurezza. Esistono delle comunità che si mettono insieme per difendersi dal nemico. Con questo escamotage le comunità si compattano a tal punto che noi definiamo ancora meglio la nostra identità. E’ un po’ una definizione per contrasto.
Il sottotitolo del tuo testo è molto curioso: “uno spettacolo superficiale con qualcosa da dire” Com’è nato?
Da anni sto portando avanti un percorso parallelo legato alla mia formazione da attrice e al mio attivismo, che attraverso alcune figure di donne, racconta tematiche o momenti storici particolari. Ho iniziato tanto tempo fa parlando del fine vita e delle deportazioni ebraiche. Con il mio percorso di scrittura e interpretazione ho più lavorato su figure di donne come la moglie degli scienziati che costruirono la bomba atomica e su altri temi come il femminismo e la prostituzione minorile. Sono tutti argomenti molto pesanti! A questo punto, dopo il Covid, mi è venuta una gran voglia di leggerezza! Ridere è un meccanismo potentissimo e io spero davvero che il pubblico si diverta con qualcosa destinato a rimanere!
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Alessandra Paoli per la collaborazione
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