Possono tre consorelle e una madre superiora diventare agenti segreti? Sì, se si tratta di liberare una ragazzina affetta da una delle piaghe sociali peggiori di sempre: la schiavitù della prostituzione minorile. “S”pie in missione chiude la stagione del Teatro Martinitt con le risate e l’ironia di sempre, ma con un occhio attento all’attualità. Questa volta ci porta addirittura a Phuket, dove la vicenda è ambientata.
Scritta da Lorenzo Riopi e Tobia Rossi con la regia di Paola Galassi, la commedia è in scena fino al 2 giugno. Nel cast troviamo Ussi Alzati, Arturo Di Tullio, Monica Faggiani, Paola Giacometti e Alessandra Ierse.
La parola a Monica Faggiani
“Vuoi raccontarci qualcosa del tuo personaggio?“
Sì: sono suor Luisa, la madre superiora che va in Thailandia per qualche giorno ad affrontare una piccola missione gestita da suor Maria, in concomitanza con un convegno importante. Due consorelle hanno deciso di seguirla. La madre superiora è estremamente rigida e rigorosa, anche sulle piccole cose: in Thailandia fa molto caldo e lei non permette che vengano tolte le calze di nylon, per esempio. Decide lei l’organizzazione delle giornate e vorrebbe anche intervenire sulle ore di studio per i bambini e sul lavoro delle consorelle. E’ molto decisionista!
In realtà fa poco: dà ordini a tutti e controlla il coordinamento ma senza combinare niente. Questo è un risvolto comico molto divertente. Le altre tre sorelle decidono di aiutare una fanciulla del luogo costretta a prostituirsi, una ragazzina a cui suor Maria, che gestisce la missione, è molto legata. Dopo varie traversie umane, decidono di aiutarla. Un aiuto su cui però la madre superiora aveva messo il veto. Da qui parte tutta la vicenda che prenderà un risvolto molto importante da cui si capiranno tante cose. La storia si concluderà in un certo modo proprio grazie alla forza e al senso di giustizia della madre superiora, dando vita a un progetto che parte da una storia accaduta realmente.”
“Posso chiederti un punto di vista personale sullo sfruttamento della prostituzione minorile?“
“Certo che puoi! E’ un fenomeno agghiacciante! Non mi capacito di come sia possibile che alcune bambine – perché è di loro che si tratta – vengano usate come oggetti sessuali da persone che incontriamo tutti i giorni. Mi sono informata sulle statistiche e ho scoperto che gli italiani sono tristemente al primo posto per il turismo sessuale. Già il turismo sessuale in sé è qualcosa che mi raccapriccia, ma l’idea di avere come obiettivo delle bambine è qualcosa che non riesco a capire. Eppure è un fenomeno estremamente diffuso.
Ci vogliono degli interventi molto forti a livello comunitario, ma non importa a nessuno. Sappiamo benissimo che gli interessi sono da altre parti, dove si muovono potere ed economia. Non c’è soltanto la prostituzione minorile: ci sono anche le spose bambine e una serie di fenomeni legati allo sfruttamento sessuale delle donne e delle ragazzine oggetto, come avviene per esempio nei campi di concentramento in Libia, da cui scappano per venire da noi. La situazione è grave, ma sulle bambine bisognerebbe veramente aprire un punto d’attenzione internazionale. Io non ho la soluzione, ma mi fa piacere che il nostro spettacolo ponga all’attenzione e al pensiero del pubblico questa problematica.”
“Torniamo appunto allo spettacolo: non è facile per voi destreggiarvi tra salmi e calze a rete, giusto?”
“La cosa di cui sono più contenta è che ci sia un’ironia garbata, che non scivola mai nella volgarità. Essendoci delle suore, ovviamente non ci si può permettere di trascendere. Però si ride molto, perché le mie colleghe che vanno nel locale per aiutare la ragazzina, lo fanno con grande imbarazzo e difficoltà. Quello che fa ridere è vedere queste povere donne destreggiarsi tra le calze a rete. Ci sono tante scene in cui devono ballare e addirittura arrivare a fare una sorta di lap dance!
“Sono situazioni solo ironiche o si scivola veramente nel paradosso che va oltre il surreale?“
“Immaginiamoci una suora di oltre 40 anni che si deve mettere i tacchi o imparare a ballare in maniera ammiccante! E’ ovvio che non lo sa fare! L’effetto comico è proprio nel contrasto e nell’incapacità! La vicenda va avanti senza che il pubblico veda la vicenda fine a se stessa, ma una lotta contro l’imbranataggine nel portare avanti la missione con un solo obiettivo: salvare la ragazzina. Ci tengo a mettere l’accento sul fatto che è una commedia veramente delicata: cadere nel volgare sarebbe stato davvero un clamoroso autogol che gli autori non hanno fatto e che la regia ha evitato!”
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Federica Zanini per il supporto professionale