
Il percorso intimo di una donna alla ricerca della propria vocazione.Il viaggio interiore di una protagonista che sul palcoscenico del Teatro Elfo Puccini di Milano fino al 29 gennaio ha il volto intenso di Corinna Agustoni.
La coreografa e regista Elisabetta Faleni ha allestito con l’attrice Stanze di sé, uno spettacolo che ci mostra i movimenti più profondi di questo cambiamento. Assistiamo così alla drammatizzazione del rapporto tra conscio e inconscio, che prende vita e si esprime nei molteplici linguaggi del teatro-danza e nelo struggente contributo video firmato da Celine Volonterio.

Teatro.Online ha intervistato Elisabetta Faleni, autrice e regista dello spettacolo.
“Sono più efficaci le parole o l’espressività del corpo legata al teatro danza?”
“Questa è una bellissima domanda. Trovare l’equilibrio tra parola e gesto è per me una ricerca che continua da anni. L’obiettivo è capire se un sentimento e una sensazione vengono esposti meglio con un gesto o interpretati con una parola. Forse non ho ancora raggiunto questo tipo di equilibrio, però lo scopo è questo. Di sicuro il pubblico percepisce più il linguaggio. Quando subentra il gesto rimane magari un po’ disorientato, perché si tratta di un altro linguaggio. Quindi bisogna sempre trovare un equilibrio tra i due elementi”.
“Questa è la storia del percorso interiore di una donna. Implica quindi anche il fatto che si rimetta in discussione?”
“Esatto. E’ un momento che capita a tutti. Ci chiediamo se abbiamo perseguito la nostra vera vocazione o se abbiamo fatto qualcosa di diverso da quello che era nella nostra vera natura”.
“Perché l’IO di questa donna è così severo?”
“Perché è un super-io severo e dispettoso che blocca tutti noi e i nostri istinti. Quindi sarebbe auspicabile trovare un bilanciamento tra il sé e il super-io. Nel finale dello spettacolo la protagonista ci riesce, perché il super-io, il sé e l’anima sono tutti e tre teatralizzati ed esteriorizzati.
Il super-io appare come una donna velata, che sposta le pareti e che disorienta la donna in una casa fatta a forma di cubo con le pareti mobili. La scenografia dà il senso della mente. Il sé è esteriorizzato nei movimenti: ogni tanto la protagonista nella sua apatia e nella sua frustrazione ha dei guizzi animaleschi che contraddistinguono la sua vera natura. A volte c’è una gioia pura, altre un odio feroce che il super-io tende a controllare.
Invece l’anima viene in questo caso tradotta in un video, in un’ombra che si stacca dal corpo della protagonista e che cerca di comunicare. C’è un dialogo tra la protagonista e l’anima-ombra fino a quando la donna accoglie l’ombra. Quindi tutto si riequilibra e la vita non fa più paura”
“Quindi la paura sparisce grazie al dialogo con l’anima?”
“Sì, perché ritrova il suo vero sé e la sua vera natura”.