E’ una confessione in piena regola quella in scena al Teatro della Contraddizione di Milano fino al 12 novembre. Massimiliano Loizzi è alla sbarra, in un “uno contro tutti” davanti a un pubblico che diventa giuria severa. Dopo aver raccontato la morte di Giuseppe Pinelli e quella di Carlo Giuliani nei suoi due precedenti monologhi, l’irriverente attore parla questa volta di sé stesso nello spettacolo Lo stato contro Massimiliano Loizzi. Un testo da lui scritto e messo in scena in cui l’artista è solo sul palco. Novanta minuti in bilico tra satira e poesia, dove le parole si trasformano in episodi raccontati. Scorrettezza, inganno e colpevolezza diventano qui lo specchio di quello che ognuno di noi tende a nascondere.
La parola a Massimiliano Loizzi
“Perché hai definito Lo stato contro Massimiliano Loizzi ‘un non spettacolo’?”
E’ un titolo ironico. E’ una sorta di autobiografia, ovviamente non autorizzata, in cui racconto me stesso e lo stato delle cose. Dal mio punto di vista cerco di spiegare, con l’ironia e l’arma dello sberleffo, in che stato si trova lo Stato. E’ come se fosse un autodifesa contro il degrado, il buio che ci circonda in questi momenti e in questi tempi un po’ ambigui.
“Quanto racconti del tuo privato?”
Parecchio. Me ne sono accorto in questi giorni che abbiamo fatto le prove aperte, per arrivare poi a Milano al debutto. E’ un’abitudine che mi piace molto adottare nei circoli dove provo lo spettacolo e dove sperimento con gli spettatori il feeling del racconto. Racconto tanto di me e lo faccio sempre in modo surreale e ironico. Parlo della mia vita con i miei bambini, delle difficoltà di conciliare la mia vita da attore con quella di padre, ma anche dello scontro quotidiano con la mia professione. Si parla di tempi di precariato e noi artisti siamo precari per definizione, anche se siamo abituati a esserlo. Poi faccio un excursus anche sulla mia infanzia. E’ una sorta di “romanzo” di formazione.
“Una delle tue più grandi doti è la capacità d’improvvisazione. Ce ne darai una prova anche questa volta?”
Sì, moltissimo. Le prove aperte servono anche a capire cosa funziona e può funzionare. A me non piacciono gli inglesismi, ma qui io sono uno “stand-up comedian”, che fa quel tipo di spettacolo e mette in atto quel genere di comicità, per quanto io non perda mai la mia vena surreale e poetica. Però seguo la tradizione dei grandi, dei miei maestri: Paolo Rossi, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, quindi del loro tipo di racconto. La mia cifra è quella di non perdere mai il rapporto con il pubblico.
In questo spettacolo sono completamente “nudo e crudo”, per citare il titolo di un film degli Anni Ottanta con Eddie Murphy. Vado molto a briglia sciolta, però le luci sono sempre accese sugli spettatori, che vengono invitati a reagire e a rispondere. Io mi autoinvito a giocare e a ridere con loro e di loro, e il pubblico, a sua volta, è legittimato a ridere di me. Quindi c’è uno scambio abbastanza aperto.
“Infine: come si dichiara l’imputato Loizzi?”
(Risata) Colpevole ma innocente! Di nefandezze ai danni del pubblico e dello Stato ne ho compiute nella mia esistenza, ma un po’ come tutti, almeno credo. Ho avuto una vita alla Steve McQueen (non è assolutamente vero, ma avrei voluto averla!). Allo stesso tempo però sono innocente perché mi chiedo chi non ha mai detto bugie. E’ una delle prime domande che faccio nello spettacolo. Quindi siamo tutti innocenti e tutti colpevoli. E’ una risposta un po’ democristiana, me ne rendo conto. Moriremo tutti quanti democristiani!