Quando la realtà supera il romanzo nasce uno spettacolo come Il sistema, tratto dall’omonimo libro campione di vendite di Alessandro Sallusti e Luca Palamara. Si tratta di una storia raccontata attraverso l’ex capo dell’Associazione Nazionale Magistrati, che ripercorre le tappe principali della carriera di Palamara e mette in luce il sistema di vasi comunicanti che si è instaurato tra politica e magistratura negli ultimi vent’anni e che rischia di compromettere l’equilibrio costituzionale del Paese.
Il sistema è in scena al Teatro Manzoni di Milano il 29 e il 30 settembre. Riadattato per il teatro da Angelo Crespi, vede come protagonista sulla scena Edoardo Sylos Labini, che ha firmato anche la regia, affiancato da Simone Guarany.
La parola a Edoardo Sylos Labini
Il suo è uno spettacolo molto coraggioso, perché parla del difficile rapporto tra politica e magistratura. Com’è nata l’idea di metterlo in scena?
E’ nata quando ho letto il libro. Il giorno dopo, ho chiamato Alessandro Sallusti e gli ho detto che dentro c’erano delle scene de “Il padrino” e che sembravano “Le idi di Marzo” e il “Giulio Cesare” di William Shakespeare. Inoltre il tema della giustizia non è un tema che riguarda solo un politico o un magistrato. Ognuno di noi può cadere nelle mani della malagiustizia. E’ un tema troppo importante e quindi gli ho detto: “Facciamo lo spettacolo”.
Come ne esce Luca Palamara da questo racconto?
Non ne esce come un eroe, non è un santino di Luca Palamara, però è l’unico che ha avuto il coraggio di scoperchiare il vaso di Pandora di questa malagiustizia. E’ stato protagonista di questo sistema, è vero, è stato una parte del sistema, che può tranquillamente essere sostituita. L’importante è che tutto continui come prima e infatti è quello che sta succedendo. In un qualunque Paese democratico, dopo le rivelazioni di quel libro, ci sarebbe stata una commissione parlamentare ad indagare. Invece c’è stato il silenzio assoluto. Tutti sono ancora lì e questa è una cosa molto grave e vergognosa.
Perché siamo di fronte a uno spettacolo così pieno di colpi di scena e dal ritmo così incalzante?
Perché tutto quello che è successo negli ultimi trent’anni in Italia è stato deciso dal sistema. Quindi gli spettatori ripercorreranno, anche con immagini di repertorio, come sono caduti i governi, perché è stato fatto fuori quello, perché è stato fatto fuori quell’altro, che cos’è il sistema e quali sono le regole che rinsaldano il rapporto tra politica e magistratura.
E‘ giusto dire che l’obiettivo di questo spettacolo non è attaccare l’indipendenza della magistratura ma far tornare gli italiani a credere nella giustizia?
Assolutamente sì. Lo spettacolo finisce con un omaggio emozionante a tutti quei magistrati, che sono la maggior parte e che lavorano in silenzio, con passione e che si occupano veramente di dare giustizia al nostro Paese. A loro va il nostro appello: fatevi sentire anche voi, perché altrimenti gli italiani penseranno che la magistratura è quella cosa lì del sistema. Invece no. Ce ne sono tanti, la maggior parte, che sono puliti e che non hanno bisogno di una cassa di risonanza mediatica.
Tutto nasce con quella pagina indegna di Mani Pulite: quando un magistrato capirà che non sarà più un grigio e anonimo burocrate ma può diventare più famoso di un attore e più potente di un politico. Un magistrato deve indagare in silenzio, non ha bisogno della cassa di risonanza di alcuni giornali che poi mettono in moto la macchina del fango. Abbiamo visto dopo vent’anni cos’è successo con la trattativa tra Stato e mafia. Ma chi risarcisce quegli innocenti a cui hanno distrutto la reputazione, la vita e i rapporti familiari?
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- Intervista di Andrea Simone
- Foto in evidenza presa dal sito ilgiornale.it
- Si ringrazia Manola Sansalone dell’ufficio stampa del Teatro Manzoni per la collaborazione